Durante un viaggio in
auto una fuggevole immagine risveglia ricordi e pensieri: uno spaventapasseri
appeso ad un albero come è talvolta uso in Toscana.
Caro spaventapasseri,
era una giornata di sole ardente, tornavo a Roma da una gita
in Toscana quando ti ho visto solitario in un campo di grano; sei stato una
fuggevole apparizione che la velocità della macchina ha rapidamente allontanato
dalla mia vista.
Con la mente sono tornata ai giorni della mia infanzia
quando, giocando nello studio di mio padre, ti ho visto per la prima volta
dipinto in un quadro che rappresentava un paesaggio estivo. Apparivi piccolo e
in lontananza.
Incuriosita chiesi a mio padre: ” Come si chiama quel
signore che sta solo laggiù nel prato?” Mio padre sorridendo mi spiegò che era
uno spaventapasseri, cioè un fantoccio costruito dal contadino per proteggere
il grano dalla voracità degli uccelli.
In seguito più volte sono tornata a guardare il quadro,
desideravo vederti muovere, danzare col tuo variopinto vestito, desideravo
vederti correre fino alla cornice, uscire dal quadro per venire a giocare con
me! Tu insensibile alle mie parole con le braccia alzate abbracciavi il cielo
senza neppure spaventare gli uccelli piccolissimi che roteavano sopra di te.
Caro piccolo amico della mia infanzia, ora così lontano, mi
hai ispirato molti quadri. Con la mia pittura ho cercato di darti una nuova vita
e ti ho rappresentato in lotta con il vento, assalito dalla violenza
divoratrice dei corvi. Ti ho dipinto incombente alle spalle di contadine al
lavoro nei campi e nell'interno di una stalla, appeso ad una parete come sfondo
inquietante per una natura morta .... e poi in tante altre composizione di
natura religiosa.
Il fascino della vita campestre, i paesaggi armoniosi che ho
cercato di realizzare per tanti anni sono ora un ricordo ma tu,
spaventapasseri, aspra caricatura dell'uomo sei sempre a me carissimo, e il
ricordo del quadretto di mio padre, ispiratore di tanti miei lavori è per me
tenerissimo e prezioso.
Con la fantasia, caro amico, ti ho tolto i lacci, gli
indumenti vistosi e la paglia, sei diventato un segno nello spazio ma anche un
simbolo dell'uomo presente in tutte e culture antiche. Sei segno elementare,
nella semplicità della tua verticale e della tua orizzontale formi angoli
retti, dividi lo spazio ed il tempo; inserito in una circonferenza immaginaria
alludi alle stagioni al cielo alla terra e sei albero ed uomo. Dal tuo campo di
grano, caro spaventapasseri, ora che ti vedo nella tua essenza, sei la croce
che domina incontrastata nelle nostre chiese e sei simbolo di vita e di morte.
Il discorso è personale, sommesso, ma insistente e a volte
incomprensibile, ma è così fortemente sostenuto dalla speranza che l'accetto.
Nella mia realtà eri un fantoccio, nella tua realtà
rappresenti un mistero. Sei il ricordo delle violenze umane, delle torture,
della morte infamante, ma sei anche il ricordo di un uomo che è passato su
questa terra duemila anni fa con un messaggio di semplicità di giustizia e di
amore per il prossimo. Un messaggio che ci spinge a sperare e a tentare, e con
il quale si potrebbe realizzare un mondo migliore, forse.
Teresa Galletti Ranaglia.
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