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mercoledì 27 novembre 2013

LETTERA AD UNO SPAVENTAPASSERI.


di Teresa Galletti Ranaglia
Durante un viaggio in auto una fuggevole immagine risveglia ricordi e pensieri: uno spaventapasseri appeso ad un albero come è talvolta uso in Toscana.









Caro spaventapasseri,

era una giornata di sole ardente, tornavo a Roma da una gita in Toscana quando ti ho visto solitario in un campo di grano; sei stato una fuggevole apparizione che la velocità della macchina ha rapidamente allontanato dalla mia vista.
Con la mente sono tornata ai giorni della mia infanzia quando, giocando nello studio di mio padre, ti ho visto per la prima volta dipinto in un quadro che rappresentava un paesaggio estivo. Apparivi piccolo e in lontananza.
Incuriosita chiesi a mio padre: ” Come si chiama quel signore che sta solo laggiù nel prato?” Mio padre sorridendo mi spiegò che era uno spaventapasseri, cioè un fantoccio costruito dal contadino per proteggere il grano dalla voracità degli uccelli.
In seguito più volte sono tornata a guardare il quadro, desideravo vederti muovere, danzare col tuo variopinto vestito, desideravo vederti correre fino alla cornice, uscire dal quadro per venire a giocare con me! Tu insensibile alle mie parole con le braccia alzate abbracciavi il cielo senza neppure spaventare gli uccelli piccolissimi che roteavano sopra di te.
Caro piccolo amico della mia infanzia, ora così lontano, mi hai ispirato molti quadri. Con la mia pittura ho cercato di darti una nuova vita e ti ho rappresentato in lotta con il vento, assalito dalla violenza divoratrice dei corvi. Ti ho dipinto incombente alle spalle di contadine al lavoro nei campi e nell'interno di una stalla, appeso ad una parete come sfondo inquietante per una natura morta .... e poi in tante altre composizione di natura religiosa.
Il fascino della vita campestre, i paesaggi armoniosi che ho cercato di realizzare per tanti anni sono ora un ricordo ma tu, spaventapasseri, aspra caricatura dell'uomo sei sempre a me carissimo, e il ricordo del quadretto di mio padre, ispiratore di tanti miei lavori è per me tenerissimo e prezioso.
Con la fantasia, caro amico, ti ho tolto i lacci, gli indumenti vistosi e la paglia, sei diventato un segno nello spazio ma anche un simbolo dell'uomo presente in tutte e culture antiche. Sei segno elementare, nella semplicità della tua verticale e della tua orizzontale formi angoli retti, dividi lo spazio ed il tempo; inserito in una circonferenza immaginaria alludi alle stagioni al cielo alla terra e sei albero ed uomo. Dal tuo campo di grano, caro spaventapasseri, ora che ti vedo nella tua essenza, sei la croce che domina incontrastata nelle nostre chiese e sei simbolo di vita e di morte.
Il discorso è personale, sommesso, ma insistente e a volte incomprensibile, ma è così fortemente sostenuto dalla speranza che l'accetto.
Nella mia realtà eri un fantoccio, nella tua realtà rappresenti un mistero. Sei il ricordo delle violenze umane, delle torture, della morte infamante, ma sei anche il ricordo di un uomo che è passato su questa terra duemila anni fa con un messaggio di semplicità di giustizia e di amore per il prossimo. Un messaggio che ci spinge a sperare e a tentare, e con il quale si potrebbe realizzare un mondo migliore, forse.


Teresa Galletti Ranaglia.

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