SALVE

SALVE e BENVENUTI!

"Una volta che avrete imparato a volare, camminerete sulla terra guardando il cielo, perchè è lì che vorrete tornare" Leonardo


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venerdì 10 gennaio 2014

RICORDANDO UN ADDIO

di Teresa Galletti Ranaglia.
La notte è profonda, l'aria è immobile, tutto è statico, si sente solo il respiro affannato di Marta affaticata dallo sforzo di aprire il grande cancello di ferro battuto.
Marta spinge, spinge, spinge ripetutamente e sente il blocco della serratura sotto le sue mani nervosamente contratte nello sforzo di aprire il meccanismo.

Non lontano da lei, ma invisibile c'è suo marito che cerca di scavalcare il recinto per entrare all'interno della villa superando l'alto muro di cinta.
 E' una notte terribile, l'unica salvezza per loro è quella di entrare nella villa. La paura attanaglia la gola di Marta e rende inutili i tentativi di Franco. La salvezza è dietro quel cancello, nella casa nascosta da magnolie ed abeti. Marta non vede Franco ma sa che c'è, che è vicino a lei, che è unito a lei dallo stesso tentativo di salvarsi.
La grande onda nera è vicinissima … si sente, sta arrivando ...Dio mio !
Marta è sdraiata sul letto, è bagnata di sudore e sente un dolore acutissimo al
braccio destro, cerca di muoversi ma si rende conto di essere legata e si ricorda di essere in ospedale, e sa di aver avuto un incidente. La realtà è ancora più inquietante del sogno. Ha freddo, ha bisogno di urinare. La sera prima le hanno messo un pannolone, lo sente e allora si abbandona. Il caldo delle urine sulla pancia e sulle cosce le dà una piacevole sensazione di calore
”Che brutto sogno – pensa – forse più brutto del delirio che ho avuto dopo il risveglio dall'anestesia cinque giorni fa” …se ricorda bene. Sono state ore terribili perché una folla di persone sconosciute, vestite in abiti medioevali, sporche e disordinate s'affannavano intorno al suo letto in una gara di sorrisi e di gesti; non parlavano ma la spaventavano (consolavano) con gli sguardi e i gesti mostrando le bocche sdentate. L'unica cosa da fare era chiudere gli occhi per non vedere, quando tornava ad aprirli le strane figure si accalcavano di nuovo. Insieme a loro compariva un vecchio tutto contorto che inveiva urlando. Chiudeva gli occhi per farlo scomparire, ma inutilmente, all'improvviso ritornava ghignando. Lei gridava allora: “Vai via … vai via ! Ho paura, chi sei ?”
Marta è in ospedale da una settimana, tutte le sue certezze sono state sconvolte dalla realtà del presente: un intervento allo stomaco per la presenza di un tumore.
La ferita è pesante e le blocca il respiro, le braccia sono martoriate dai prelievi mattutini, è piena di lividi viola ma gli infermieri ogni mattina feroci e scrupolosi infieriscono senza pietà alla ricerca delle vene.
“Quando andrò via ? Quando finirà quest'inferno ? “. Si accorge di piangere silenziosamente; le altre malate nella corsia è come se non esistessero, ogni letto è un universo a se stante, ogni malata è isolata nel suo dolore
Passa la caposala ordina all'infermiera: “preparate il 15”. E' lei! Le fanno sommarie pulizie, le tolgono il pannolone, la lavano rapidamente e parlano tra di loro. Marta è un oggetto nelle loro mani, si vergogna di essere sporca e nuda. Dice grazie quando hanno finito, ma non è riconoscente, è impacciata e sofferente.
Le mani sono ancora legate: “Scioglietemi, sono stanca di stare nella stessa posizione” l'ascoltano, la slacciano dicendo: “Tra poco passerà il medico e ti dirà cosa devi fare”. Aggiungono minacciose: “Non ti alzare per nessun motivo altrimenti dovremo legarti di nuovo!”
Marta è quasi felice, sono andate via, ha un momentaneo sollievo, sente il profumo del latte che la sua vicina di letto sta bevendo a lunghe sorsate. Muove lentamente le mani intorpidite e prova il sollievo di potersi girare, toccare, guardare.
Fuori probabilmente è nuvolo i muri della corsia in ombra appaiono cupi perché nella stanza c'è poca luce , solo i numeri dei letti 16 17 18 di fronte al suo sono illuminati di rosso.
Prova una sensazione di fastidio. E' stanca, ha bisogno di riposare, si rannicchia sotto le coperte e con gli occhi chiusi ritorna al sogno, così tetro, così spaventoso di cui ora le sfuggono i particolari, continua a pensare a se stessa consapevole che in questi momenti di attesa non c'è nulla che l'aiuti a sperare.
Sotto le coperte si chiude fra le sue stesse braccia. Deve scomparire sotto le lenzuola per sentire la sua intimità, per cercare di seguire i suoi pensieri, il battito del suo cuore, l'alito del suo respiro sul braccio martoriato. Si nasconde, è stanca, stanchissima, Franco l'ha lasciata sola senza figli e anziana.
Con gli occhi chiusi si sente meglio, l'isolamento la conforta. Il suo corpo dolente è nascosto dalle coperte e piano piano si lascia andare ad una specie di dormiveglia. Il suo riposo è breve interrotto dalla venuta del medico di turno che la dimette dall'ospedale dove c'è bisogno di letti.
Perentorio il programma. Le hanno tolto lo stomaco, dovrà abituarsi ad una dieta liquida per mesi, poi gradatamente inizierà a prendere qualcosa di più consistente fino a riformare uno stomaco alternativo a quello che le hanno tolto. Le regole sono ferree, il risultato certo! “dovrà avere molta pazienza e poi vedrà i riscontri ci saranno.
Potrà vivere per qualche anno, è la sentenza! Lei potrà ancora coltivare i fiori del suo giardino, vedrà ancora una volta il ritorno delle rondini al nido costruito sotto il tetto sovrastante la porta della cucina della villetta dove da sempre vive. Ancora una volta sentirà il cinguettio dei rondinotti, ancora una volta vedrà il volo irrequieto delle due rondini che seguendo un repertorio sempre uguale nutriranno tutta l'estate i nuovi nati. A settembre quando le rondini partiranno per una terra più calda anche Marta partirà lasciando la sua casa i suoi gerani sfiorire e tutto ciò che le ha dato la vita per un viaggio senza bagaglio.
Ho pensato più volte a questa mia amica ricordando i nostri incontri e i racconti dei suoi ultimi mesi di vita . Ho conosciuto ascoltandola il valore della speranza, c'era in lei una forza, una volontà e una grande precisione nel seguire le regole impostale dal medico per la ripresa. Erano regole severe una dieta particolare ed un impegno suo personale a godere delle amicizie, degli affetti, delle emozioni anche piccolissime di una vita segnata dalla voglia di farcela dalla voglia di vincere, dalla caparbia volontà di vivere. Quando parlavamo e ascoltavo la descrizione del suo impegno quotidiano avevo fiducia anch'io. Mi comunicava le sue certezze o meglio il suo ottimismo. Quanto è difficile accettare la sconfitta, quanto è impegnativo per l'uomo l'inevitabile realtà della fine.
Cara Marta penso a te con nostalgia perché è dolce il ricordo della tua amicizia e grande la stima per il tuo coraggio. Quando passo davanti alla tua casa non vedo più i gerani fioriti, le finestre aperte mi dicono che qualcun'altro vive nelle tue stanze. Di certo a primavera torneranno le rondini ma tu ormai sei lontana per sempre.  

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