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giovedì 15 maggio 2014

Mondo, Europa, Italia ....riflessioni ignoranti

Altre volte ne ho scritto (http://www.attilioaromita.com/2012/03/europei-ed-
europei.html ed anche http://www.attilioaromita.com/2012/04/europa-ed-europei.html ),o che ne discutiamo sul pianerottolo con il mio amico Giorgio (http://www.attilioaromita.com/p/i-colloqui-del-pianerottolo-1.html). Ma il
 tema continua ad essere all’ordine del giorno con argomentazioni che possono essere definite, volendo limitare il turpiloquio, strampalate. Per evitare qualsiasi falsa interpretazione dichiaro di sentirmi onorato e felice di essere nato in Italia e di essere Italiano, ma allo stesso modo mi sento un abitante del mondo reale di oggi. E’ proprio in questa ottica che penso ….quanto di seguito scritto. Sempre più ricorrente, e non sempre dalla bocca di urlanti “pensatori”, si sente la frase “Non vogliamo più l’EURO che è l’origine di tutti i nostri mali”. Nel 2002 fu introdotto l’Euro con un cambio di 1937,26 Lire che l’Italia fu costretta ad accettare perché, realmente parlando, la sua forza economica contrattuale era scarsa e quel valore la rappresentava e quel fattore di cambio fu una scelta obbligata per entrare nell’Unione Europea. E sicuramente fu causata dall’enorme debito pubblico accumulato anche a causa di poco sensate politiche falsamente sociali che non ci potevamo realmente permettere. Sicuramente quel fattore di cambio, come sanno molti gli economisti, avrebbe anche comportato almeno due conseguenze di tipo psicologico: una diminuita percezione del valore degli oggetti e una quasi automatica parità tra un Euro e 1000 Lire. Si poteva fare qualcosa per avere una trasformazione controllata? Forse, ma anche in questo caso …del senno di poi sono piene le casse! Perdere quella occasione avrebbe solo comportato per l’Italia un posizionamento di nessun conto nell’economia mondiale sempre più globalizzata dove anche i circa 500 milioni di Europei sono ben poca cosa rispetto ai miliardi di Cinesi o Indiani che, oltre ad essere tanti, sono economicamente molto aggressivi. E ‘ inutile pensare ad antiche glorie, illustri antenati e modi di produrre non più attuali. Illustri pensatori urlanti dichiarano che una indipendenza dall’Euro permetterebbe la tecniche monetarie, usate in passato, della svalutazione, cioè di variazione al ribasso del fattore di cambio per poter favorire le esportazioni della propria produzione. Ma questi illustri pensatori non fanno, o non vogliono fare, due piccole riflessioni: • l’Italia è principalmente un paese con una industria di trasformazione e deve acquistare all’Estero materie prime ed energia, quindi la svalutazione comporta aumento dei costi di acquisto dei materiali. • Il Mondo è cambiato e tutte le piccole industrie italiane che producevano abbigliamento di massa, come per es. le maglierie casalinghe della provincia romagnola, ora non sono più competitive con le enormi produzioni asiatiche a basso costo. E’ giusto ricordare che Nabucodonosor a Babilonia e Ramsete in Egitto furono grandi e potenti, Alessandro Magno costruì un impero, gli Imperatori Romani conquistarono il Mondo e così via per 4000 anni durante i quali la realtà cambia in continuazione. La realtà attuale è molto diversa e dobbiamo abituarci a vivere in un mondo che cambia rapidamente e dove il passato non sempre conta qualcosa. Spesso i pensatori urlanti fanno false ed affrettate interpretazioni delle teorie di illustri Premi Nobel per l’Economia (http://www.ilsole24ore.com/articlegallery/notizie/2013/sei-premi-nobel-contro-euro/index.shtml ). La visione comune è che l’Euro e la politica economico/finanziaria dell’Europa dovrebbe essere rivista e che le economie dei vari stati, che da soli non sono autosufficienti nel mondo globale, devono essere meglio armonizzate. Tanto per fare un esempio sciocco mi vien da dire: se ho un figlio un po’ svogliato ed anche di scarso talento, sono possibili: • lo faccio fuori senza pensare alle conseguenze, come alcuni esagitati sciocchi pensano; • cerco faticosamente di aiutarlo a capire come sopravvivere o meglio come adattarsi al mondo che cambia al di fuori di ogni nostro possibile controllo.

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