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sabato 18 ottobre 2014

CODING: IL NUOVO TOTEM……. RIFLESSIONI IGNORANTI.

Per iniziare due definizioni: CODING è usato normalmente per identificare l’operazione di preparazione e scrittura di un programma che servirà, dopo vari passaggi semiautomatici, a guidare un computer nell’esecuzione di una operazione, letteralmente codifica; TOTEM identifica un oggetto di culto tradizionale della cultura dei nativi aamericani, in senso traslato identifica una idea o un oggetto che non può essere messo in discussione. 
Negli ultimi tempi  l’idea che innovazione digitale deve passare attraverso l’apprendimento del coding è quasi diventata un totem.
Come facilmente intuibile dal titolo di questa nota non sono d'accordo e proverò a spiegarne le ragioni.
Per evitare incomprensioni e misunderstanding, come dicono i miei amici colti, faccio notare che ho passato molta parte della mia vita lavorativa a fare coding ed a preparare specifiche per i miei collaboratori più giovani che scrivevano code, cioè programmi in formato comprensibile al computer. 
Si è cominciato a parlare di coding come strumento salvifico per una innovazione digitale e la sua introduzione nella scuola sarebbe stata la sola abilitante azione per correttamente educare i “prossimi cittadini” a vivere nel mondo in trasformazione. 
Io, nel mio piccolo e sulla base della mia non piccola esperienza, contesto questo modo di pensare ed agire. 
E’ importante che i nuovi e gli antichi cittadini imparino ad usare tutto l’armamentario digitale che può facilitarci la vita, ma non serve che imparino a costruire questo armamentario. 
Una conoscenza della programmazione, della quale il coding è un settore, può essere importante complemento educativo perché, tra l’altro, aiuta ad esaminare i problemi per risolverli …il problem solving appunto. Ma se vogliamo superare il digital divide dobbiamo insegnare ad usare gli strumenti e non la costruzione degli strumenti.
A maggio 2014 AGID (Agenzia Innovazione Digitale) ha presentato “Linee guida per la cultura, la formazione e le competenze digitali” alla cui stesura hanno collaborato esperti ed organizzazioni culturali, sociali e private. (estratto qui download  qui). Proprio nel primo capitolo delle Linee Guida, dedicato alle “Competenze per la cittadinanza digitale ed inclusione digitale” si analizza il problema del Digital Divide culturale ed in estrema sintesi questo capitolo ci dice che la conoscenza dell’uso del digitale è poca e deve essere incrementata. 
Forse è il momento di chiarire che l’hardware da solo non fa diventare digitali, ma è la conoscenza degli strumenti che permettono di usare l’hardware che faciliterà la strada verso la digitalizzazione del paese. 
Il MIUR, cioè l’istituzione che dovrebbe presiedere la cultura nazionale, non ha ancora capito questa regola: prima ha speso un mare di soldi per riempire i depositi delle scuole di inutili LIM che nessuno sa usare ed ora pensa di cavalcare la moda del coding …spenderà inutilmente altri fondi e qualcuno imparerà a programmare e tutti gli altri resteranno ignoranti digitali. 
Finisco copiando un mio tweet: Per scrivere la Divina Commedia non serve essere un tipografo.

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