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martedì 12 marzo 2019

“UNO non VALE UNO” un libro ed uno spunto di …riflessione ignorante.


di Attilio A. Romita                                                    13 marzo 2019

Il libro “UNO NON VALE UNO -Democrazia diretta e altri miti di oggi” di Massimiliano Panerai, presentato oggi dall’autore e da un tavolo di attenti  commentatori, è lo spunto  per una discussione sulla nostra democrazia sia dal punto di vista culturale che dal punto di vista politico.
Quanto ascoltato mi occasione per  alcune riflessioni di ordine generale che, credo, ben si adattino al momento politico che stiamo vivendo.

Nel novembre 1863 Abramo Lincoln dettò la celebre definizione della democrazia come il «governo del popolo, dal popolo, per il popolo,che in modo dettagliato ed allo stesso modo pragmatico e conciso descrive la missione che ogni persona chiamata a compiti di governo dovrebbe avere incisa nella sua mente. Ma nella accezione comune, come sottolineato da uno dei presentatori, il concetto di POPOLO è stato snaturato ed ogni parte politica definisce popolo solo le persone che condividono le sue idee, pensieri e scelte. E questo, all’atto pratico, significa che esistono nel mondo democratico almeno due popoli: quello di chi governa e quello della opposizione ed è questo un valore da preservare.
“El pueblo unido jamás será vencido” cantavano gli Intiillimani che incitavano alla lotta il popolo che però sino a quel momento era stato unito dalla dittatura che non ammette opposizione e democrazia.
Sulla base di questa premessa ogni proposta di governo accanto alla parola popolo dovrebbe far seguire un “complemento di specificazione” che meglio lo identifichi. Troppo spesso i “politici” pensano di essere più incisivi e diretti rivolgendosi al “popolo”, ma sono soltanto più vaghi e meno credibili.
La seconda riflessione riguarda una dicotomia che sembra possa esistere tra democrazia diretta e democrazia rappresentativa.
Nella accezione corrente si tende ad identificare con il termine “diretta” una democrazia nelle quale TUTTI partecipano alle decisioni sul governo delle attività di tutti e per tutti.
Vorrei far notare che sin dai primordi dell’attività umana nei villaggi le decisioni erano prese dagli anziani che, con la loro saggezza, erano chiamati a fare le scelte più adatte.
Nel corso dei secoli c’è stata una alternanza continua tra “comando unificato”, il dittatore non eletto, e “comando condiviso” esercitato da un gruppo di persone individuate con strumenti diversi.
Ancora oggi, fortunatamente sempre con maggior frequenza, gli stati comandati, cioè direttamente guidati da “capo supremo” tendono a diminuire e a sparire sostituiti da stati democratici.
Caratteristica forte di uno stato democratico è la delega del governo ad un gruppo ristretto di persone in grado di condividere le necessità e le soluzioni valide per tutti.
E sono le periodiche elezioni, cioè la scelta libera e diretta di tutti, che individuano “i delegati” chiamati ad esaminare e scegliere le migliori soluzioni per tutti.
Questa “delega temporanea di potere” è basata sulla fiducia che il Popolo, questa volta tutti noi, offre ai suoi delegati e che, per una corretta gestione della cosa pubblica non può essere messa in gioco ad ogni “stormire di fronde”.
In questi ultimi tempi l’idea del “referendum continuo” viene sempre più sollecitata da alcune parti politiche. A parte le considerazioni sulla reale validità del referendum con partecipazione parziale, io credo che il referendum sia l’abdicazione al principio della delega mentre le normali elezioni sono la reale democrazia diretta partecipata.

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