Flavio Impelluso 12 giugno 2022.
Ho letto un bel libro, non
proprio scorrevolissimo, nel senso che ci sono tanti personaggi per nulla
banali e molti piani temporali, e ci devi fare un po’ d’attenzione, se ti
distrai potresti faticare a ritrovare il filo: meglio iniziarlo, che so, in vacanza,
così se ti va e nessuno ti rompe l’anima puoi andare avanti concentrato.
Be’, direte, ma allora è una palla, se per leggerlo devo prima fare gli esercizi spirituali e poi trovare l’atmosfera giusta, mi butto sui fumetti. No, giuro, è bello, richiede solo una lettura attenta: casomai, a voler essere fiscali, ci sono continui riferimenti “colti” (sembra una moda), se non sei di buone letture devi leggerlo con Google o un’enciclopedia a fianco. Sto parlando de “Il colibrì” di Sandro Veronesi.
L’ho letto l’altra estate,
confesso sull’onda dello Strega, ed è andato tutto liscio fino ad una certa
pagina, dove mi è successa una cosa strana. Giunto a piè pagina, nel passare
alla successiva, il cervello mi manda un messaggio come di dissonanza, non
captato razionalmente, ma comunque netto: c’è qualcosa che non va.
Torno indietro e rileggo
tutta la pagina, e stavolta comprendo: l’autore stava seguendo un suo
ragionamento, elencando tutte le brutture del mondo – in comportamenti ed in
pensieri - ma volgendole in modo originale in “libertà”, ovviamente negative:
libertà di inquinare, libertà di essere crudeli, e così via. Ci sono anche
quelle diciamo politiche, libertà di essere antisemiti, fascisti, nazisti, poi
passa ad altre categorie di “libertà”, omofobi, razzisti, eccetera eccetera.
Una possente denuncia, un
elenco di tutti i mali del mondo. Ed ecco il punto che mi aveva colpito,
mancava qualcosa: nella sua lunghissima disamina degli orrori che tanto hanno
afflitto, e purtroppo affliggono ancora, il mondo, mancava uno degli attori
principali: il comunismo e tutti i suoi orrori. E infatti quelle “libertà” di
cui sopra erano tutte quelle genericamente attribuite ad una parte politica,
mentre erano del tutto assenti le “libertà” tipiche del comunismo, la dittatura
e le purghe, la repressione delle libertà, i gulag, l’invasione di altri Paesi,
i massacri di dissidenti e di studenti, i processi farsa eccetera eccetera.
Quella omissione, fosse un
errore o fosse voluta, mi ha colpito al punto che mi sono fermato a pensare:
l’ipotesi che fosse voluta mi ha immalinconito, perché crollerebbe tutto il
discorso delle libertà del libro. Se dal lungo e minuzioso elenco dei mali del mondo si omettono solo i misfatti del
comunismo, allora il poderoso grido di denuncia che si è voluto fare di quei
mali si riduce ad un comizio di parte, allora si svilisce a propaganda di
bottega.
So che molti ancora fanno i
sofisti nell’accettare parallelismi tra le feroci dittature di sinistra e di
destra del ventesimo secolo, qualcuno si spinge al punto di vederne ancora una
come il male assoluto e l’altra come una passeggiata di salute (*), ma svoltato
il secolo sarebbe ora che una più serena visione dei fatti riconducesse gli
avvenimenti alla realtà storica: una estremizzante diversa visione della vita –
da sinistra e da destra - ha prodotto
due terribili dittature, due sciagure mondiali.
In questa ottica rimane ai
limiti della mia comprensione come un intellettuale di tale livello, sia ancora
talmente ideologizzato da perdere il senso della realtà storica, tale da
cancellare le nefandezze del comunismo per attribuire tutto il male del mondo “agli
altri”. Non voglio crederci. Mi rifiuto:
personaggi così partigiani non li descriverebbe più neppure Guareschi con i
suoi trinariciuti.
Ad evitare fraintendimenti,
chiarisco che non mi permetterei mai di giudicare qualcuno per le sue scelte
ideologiche, non è in discussione l’appartenenza politica ad uno schieramento o
ad un altro, ci mancherebbe: mi stupisco solo che esista ancora chi possa
guardare al mondo con tale indefettibile strabismo, concentrando tutti i mali
nel cortile dei suoi avversari politici.
Da inguaribile ottimista continuo
a sperare che la chiamata in causa del comunismo sia rimasto nella penna per un
vuoto momentaneo di memoria, per un refuso di stampa, per quello che volete, ma
non per convinto settarismo.
Per quel che vale, e nonostante
la imperdonabile omissione, il libro è molto interessante. Auguro all’Autore di
ritrovare la memoria: una salda memoria aiuta l’equilibrio dei giudizi.
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(*) Per chi voglia
approfondire l’argomento dei totalitarismi diversamente percepiti: “E’ inutile avere ragione” – Roberto Pertici –
Ed. Viella.
N. B. Questa mia riflessione/recensione è stata ovviamente inviata
all’Autore mesi addietro: mi è sembrato corretto far trascorrere del tempo
prima di inviarne copia agli amici.
Flavio Impelluso Autunno 2020
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