Per iniziare una domanda cui vi chiedo di dare la risposta
al termine di questa notarella: “E’ meglio avere un piccolo pasticcino preso da
un grande piatto variegato oppure una parte di una grande torta che, anche
nelle piccola porzione, ha tutti i sapori della grande torta?”.
Voglio cominciare evidenziando che la tecnologia Cloud è
applicabile, con criteri e soluzioni simili e diversi, a tutti i settori dello
ICT e chi vuole usarla, singolo cittadino o grande società, può scegliere quale
parte del CLOU usare.
Un suffisso comune a tutte le sigle che identificano il
Cloud è –AAS cioè As A Service e quindi: SaaS
(Software as a Service), DaaS
(Data as a Service), HaaS (Hardware as a Service), PaaS (Platform as a
Service), IaaS (Infrastructure as a
Service). In pratica CLOUD significa condividere risorse e pagare solo un
canone misurato sulla quantità di uso che si fa di quel servizio.
Si, è vero – dice chi non si fida – perché esiste il Digital
Divide ed io non sono sicuro di trovare i miei servizi dovunque sono. E’ vero
per chi ha la necessità reale di lavorare da mille posti diversi, ma quanti dei
miei amabili lettori hanno questa reale mobilità infinita che li porta a
lavorare da un bosco in cima alla montagna all’ufficio nella grande città”. Quanti
di noi rinunciano all’auto perché sono costretti a prendere l’autobus quando saltuariamente
vanno in posti dove non si trova parcheggio? Poi ci sono sempre ed ovunque
collegamenti satellitari.
Si, è vero – dicono molti responsabili pubblici – ma io
voglio avere sempre il controllo dei miei dati e non mi fido di archivi “sparsi
per il mondo”. Questa, scusate, mi sembra l’opzione più sciocca e, scusate ancora,
maschera l’errata convinzione che il “possesso dei dati” è indice di potere ed
arma di scambio. Ma bando ai cattivi pensieri e vediamo di esaminare il
problema sotto vari aspetti.
Partiamo dal nome Cloud, nuvola, che psicologicamente fa pensare
ad un mobile cumulo di acqua condensata che viaggia nel cielo e si disperde al
primo vento.
Il Cloud è quanto di più stabile e sicuro possa esistere in
ambito ICT in quanto si basa un certo numero di Centri Servizi Informatici
costruiti in aree simili a dei caveau bancari (Fort KNOX, per capirci),
protetti da procedure di sicurezza informatica avanzatissima. E, per gli amanti
della Green Economy, posizionati in paesi con clima freddo per ridurre le
necessità di raffreddamento.
Si è vero – dice il Responsabile Pubblico -, ma io voglio
che i dati pubblici italiani risiedano in Italia per essere al sicuro a causa
di incidenti internazionali e per proteggermi da intrusioni sulla privacy dei
dati dei miei concittadini.
La risposta per essere valida deve essere articolata. Ci
provo.
La più semplice soluzione è quella di allestire un Centro
Servizi Informatici posizionato per es. nella Caverna del Gran Sasso dove si
fanno gli esperimenti di Fisica del CERN per il quale esistono già molte
procedure di sicurezza.
Una seconda soluzione è la duplicazione dei Centri Servizi
sempre contemporaneamente aggiornati. Così ci si proteggerebbe da blackout e
problemi tecnologici.
Si è vero – dice il Responsabile Pubblico -, ma io voglio
che i dati pubblici italiani siano protetti da intrusioni – la famosa e fumosa
privacy – e mi fido solo del mio sistema posto nella stanza accanto. A questo
signore rispondo con una domanda: “se i devo mettere al sicuro qualche gioiello
di famiglia, è più affidabile la cassetta di sicurezza posta al sottoscala
della piccola filiale di banca all’angolo, oppure è meglio fidarsi del Caveau
della Banca d’Italia?”.
In questa nota ho cercato di dare solo qualche indicazione e
non credo che sia sufficiente per convincere “il sig. Responsabile Pubblice”,
grande o piccolo che sia. Se, però, sono riuscito a provocare qualche piccolo
dubbio, come prima chiaccherata mi è sufficiente.
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