Recentemente ho cercato di capire le differenze, anche da un
punto di vista legale, tra stampa tradizionale e “stampa in rete”.
Una seconda curiosità si è subito aggiunta: per scrivere e
firmare un articolo ci sono differenze tra giornali “di carta” e “giornali di
bit”.
Ieri, nel corso di un convegno, scopro che una sentenza di
Cassazione (Sentenza 10 maggio 2012, n. 23230 – caso Ruta) decide che una
pubblicazione in rete non è stampa perché “Il giornale telematico non
rispecchia le due condizioni ritenute essenziali ai fini della sussistenza del
prodotto stampa come definito dall’art. 1 l. n. 47/1948 ed ossia: a)
un’attività di riproduzione tipografica; b) la destinazione alla pubblicazione
del risultato di tale attività.”.
Ma facendo qualche ricerca ho scoperto che alla legge n.
47/1948 (c.d. “legge sulla stampa” che definiva
stampe o stampati tutte le riproduzioni tipografiche o comunque ottenute con
mezzi meccanici o fisico-chimici in qualsiasi modo destinate alla pubblicazione),
è seguita la legge n. 62 del 7 marzo 2001 (Nuove norme sull'editoria e sui
prodotti editoriali) che ha poi ridefinito, estendendola, la nozione di
"prodotto editoriale". Oggi per prodotto editoriale si intende il
prodotto realizzato su supporto cartaceo, ivi compreso il libro, o su supporto
informatico, destinato alla pubblicazione o, comunque, alla diffusione di
informazioni.
La Sentenza della Cassazione (2012), senza voler mancare di
rispetto alla Suprema Corte, mi fa pensare che l’estensore di questa sentenza abbia
considerato una legge del 1948 e non quella del 2001.
A questo punto però le cose si complicano perché tutti i
peana di vittoria, che hanno accompagnato la sentenza Ruta, devono essere
spenti. Infatti se una pubblicazione “telematica” è un “prodotto editoriale”,
allora siamo tornati al 1948.
Questa conclusione, che spero l’interpretazione errata di un
non giurista, ci riporta all’inizio di questa nota: un sito web, che pubblica
con una certa frequenza note, commenti, informazione e ….deformazioni, deve
essere considerato un “prodotto editoriale” e quindi deve essere registrato al
Tribunale.
In sottordine, come amano dire i giuristi, mi pongo questi quesiti
riguardanti “un “NON giornalista o pubblicista”:
·
può liberamente scrivere e firmare articoli su
un “prodotto editoriale” registrato;
·
nel caso il “prodotto editoriale” sia
autoprodotto, il NON giornalista può autostipularsi un autocontratto di
collaborazione che gli permetta di accedere agli adempimenti richiesti per
accedere agli albi giornalistici.
Mi scuso per il linguaggio con
qualche imprecisione giuridica, non sono un giurista, ma soltanto un
autogiornalista autoprodotto spinto a fare ….riflessioni ignoranti visto che la
legge non ammette ignoranza.
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