I venti di guerra sulla Siria e sul dittatore Assad
fischiano sempre di più e con più forza. Si fa sempre più aspra la discussione
tra chi pensa sia giusto intervenire, chi vorrebbe portare avanti una
trattativa senza controparte e chi vorrebbe chiudersi nel suo cortiletto in
nome di un malinteso pacifismo.
Questa situazione è molto simile a quella che si è
verificata anni fa per l’Irak e recentemente per la Libia, ma gli errori fatti
in quelle occasioni sembra ci abbiano insegnato molto poco.
Vorrei provare a dare la mia risposta – giusta, discutibile
o sbagliata che sia, ad alcune domane specifiche sul problema:
·
è giusto intervenire?
·
quando intervenire?
·
come intervenire?
·
l’Italia deve intervenire?
E’ giusto
intervenire? In questa domanda è implicita una seconda questione che riguarda
chi deve intervenire.
E’ comune sentire che il Mondo negli ultimi 50-60 anni è
diventato sempre più piccolo ed interconnesso. Quando qualsiasi accadimento-
fisico, economico o politico- si verifica in una parte del globo, ben presto se
ne sentono i riflessi su tutto il globo. Una siccità su una area di coltivazione
del grano crea uno squilibrio per tutti i paesi produttori o consumatori di
grano. Manovre speculative in aree di produzione del greggio provocano
squilibri ed aumento di costi che possono far scattare una spirale inflattiva
mondiale. Si possono però fare ragionamenti più etici che giustificano l’intervento.
E’ giusto pensare che ogni popolo può scegliersi la propria forma di governo, i
principi etici cui obbedire, la religione cui credere. E’ anche giusto pensare
che queste scelte debbano essere fatte in modo condiviso tra gli appartenenti a
quel popolo e, possibilmente, rispettino i principi civili ed umani più
largamente condivisi. L’esperienza ci ha insegnato che il principio di
autoregolamentazione condivisa non sempre è facile applicarlo per la presenza
di qualcuno che pensa di essere più giusto degli altri. Per superare questo
problema ci si è accordati per creare organismi sovranazionali dove discutere
prima di agire. In questa alta sede non sempre vince la cosa più giusta, ma
quasi sempre vince la scelta più condivisa.
Nel momento in cui la risoluzione scelta è di intervenire,
tutti i partecipanti al consesso, alla discussione ed alla decisione sono
obbligati a partecipare.
Per uscire dal discorso di principio e venire al caso
specifico della Siria è giusto sottolineare che la necessità di un intervento è
sorta nel momento in cui le autorità locali cercato di mantenere il potere con
la forza e per farlo hanno usato strumenti di reazione e coercizione molto
pesanti. La decisione dell’intervento è stata demandata all’ONU che, senza
pilateschi infingimenti, dovrebbe decidere rapidamente. La decisione finale,
democraticamente discussa e votata, deve essere accettata e deve portare
automaticamente alla sua esecuzione.
Quando intervenire?
La risposta a questa domanda è implicita nella risposta precedente. Si deve
intervenire nel momento i cui un Consesso Mondiale, l’ONU, ha accertato la violazione
di principi universali ed ha votato la necessità di ristabilire l’ordine
comunemente condiviso. Come per molte malattie o danni fisici un intervento
rapido può essere risolutivo, mentre i “pannicelli caldi” peggiorano quasi
sempre la situazione.
Come intervenire?
Per evitare “morte e distruzione” si vorrebbe da più parti un intervento “poco
muscoloso e molto ragionato”. E’ un modo di pensare formalmente giusto, ma non
tiene conto del fatto che l’avversario comune ritiene di essere il più forte. Non
resta quindi che una opzione militare forte, rapida e risolutiva e senza
inutili ripensamenti falsamente umanitari. Questo tipo di azione comporta
morti, distruzioni e dolori, ma è l’unica che può avere successo. Al primo
intervento “di forza” deve anche seguire una fase più o meno lunga di
tutoraggio anche pesante che aiuti a rimettere nella giusta carreggiata l’area
nella quale si è intervenuti.
Un chiarimento necessario: la parola GIUSTO non ha un valore
ed un significato universale, in questa trattazione GIUSTO significa condiviso
dalla Comunità Mondiale che ha deciso l’intervento. Allo stesso modo “tutoraggio
pesante” significa rispetto delle principali regole comunemente accettate, ma
anche una sorta di “legge del taglione” nei riguardi di chi quelle regole
continua a violarle.
E’ questa mia posizione eccessivamente dura e dittatoriale?
Forse, ma vorrei ricordare un proverbio che citavano i miei nonni: il medico
pietoso fa la piaga puteolente!
l’Italia deve
intervenire? Da tutto quanto precede la risposta deve esser solo
affermativa. L’Italia siede allo stesso consesso internazionale cui è stata
demandata la decisione sull’intervento e questo è necessario e sufficiente per
obbligarci alla azione comune che il Governo non può che condividere a meno di
non uscire dalla comunità delle nazioni cui partecipa e questo significa uscire
da ONU, NATO, UE. Significa restare isolati nel mondo e ….di Svizzera ne esiste
una sola.
Circa 160 anni fa Cavour si adoperò per partecipare ad una
guerra che in Piemonte non interessava a nessuno: la guerra di Crimea. Lo fece
per entrare nel gruppo delle nazioni che allora contavano ed allora è iniziata
la storia della Nazione Italiana. Ora vogliamo, forse che tutta la nostra storia
sia resa inutile per inutile spirito falsamente pacifista? Il mondo è diventato
piccolo ed esiste soltanto chi sta dentro, gli altri diventeranno inutili
province dell’impero e spariranno e di Dante, Leonardo e Galileo se ne parlerà
come antichi sapienti al tempo dei faraoni.
Non voglio discutere se queste considerazioni sono belle o
brutte, etiche o antitetiche, attuali o anacronistiche, sono solo un tentativo
di analizzare i fatti reali a mente fredda, sono sicuramente difficili da
condividere e non vi chiedo di condividerle al 100%, ma ricordate cosa diceva
Cicerone a proposito di Pace e Guerra: “Si pace frui volumus, bellum gerendum
est” letteralmente "Se vogliamo
godere della pace, bisogna gestire la guerra".
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