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mercoledì 28 agosto 2013

La pace e la libertà costano…… pensieri ignoranti.

I venti di guerra sulla Siria e sul dittatore Assad fischiano sempre di più e con più forza. Si fa sempre più aspra la discussione tra chi pensa sia giusto intervenire, chi vorrebbe portare avanti una trattativa senza controparte e chi vorrebbe chiudersi nel suo cortiletto in nome di un malinteso pacifismo.
Questa situazione è molto simile a quella che si è verificata anni fa per l’Irak e recentemente per la Libia, ma gli errori fatti in quelle occasioni sembra ci abbiano insegnato molto poco.

Vorrei provare a dare la mia risposta – giusta, discutibile o sbagliata che sia, ad alcune domane specifiche sul problema:
·         è giusto intervenire?
·         quando intervenire?
·         come intervenire?
·         l’Italia deve intervenire?
E’ giusto intervenire? In questa domanda è implicita una seconda questione che riguarda chi deve intervenire.
E’ comune sentire che il Mondo negli ultimi 50-60 anni è diventato sempre più piccolo ed interconnesso. Quando qualsiasi accadimento- fisico, economico o politico- si verifica in una parte del globo, ben presto se ne sentono i riflessi su tutto il globo. Una siccità su una area di coltivazione del grano crea uno squilibrio per tutti i paesi produttori o consumatori di grano. Manovre speculative in aree di produzione del greggio provocano squilibri ed aumento di costi che possono far scattare una spirale inflattiva mondiale. Si possono però fare ragionamenti più etici che giustificano l’intervento. E’ giusto pensare che ogni popolo può scegliersi la propria forma di governo, i principi etici cui obbedire, la religione cui credere. E’ anche giusto pensare che queste scelte debbano essere fatte in modo condiviso tra gli appartenenti a quel popolo e, possibilmente, rispettino i principi civili ed umani più largamente condivisi. L’esperienza ci ha insegnato che il principio di autoregolamentazione condivisa non sempre è facile applicarlo per la presenza di qualcuno che pensa di essere più giusto degli altri. Per superare questo problema ci si è accordati per creare organismi sovranazionali dove discutere prima di agire. In questa alta sede non sempre vince la cosa più giusta, ma quasi sempre vince la scelta più condivisa.
Nel momento in cui la risoluzione scelta è di intervenire, tutti i partecipanti al consesso, alla discussione ed alla decisione sono obbligati a partecipare.
Per uscire dal discorso di principio e venire al caso specifico della Siria è giusto sottolineare che la necessità di un intervento è sorta nel momento in cui le autorità locali cercato di mantenere il potere con la forza e per farlo hanno usato strumenti di reazione e coercizione molto pesanti. La decisione dell’intervento è stata demandata all’ONU che, senza pilateschi infingimenti, dovrebbe decidere rapidamente. La decisione finale, democraticamente discussa e votata, deve essere accettata e deve portare automaticamente alla sua esecuzione.
Quando intervenire? La risposta a questa domanda è implicita nella risposta precedente. Si deve intervenire nel momento i cui un Consesso Mondiale, l’ONU, ha accertato la violazione di principi universali ed ha votato la necessità di ristabilire l’ordine comunemente condiviso. Come per molte malattie o danni fisici un intervento rapido può essere risolutivo, mentre i “pannicelli caldi” peggiorano quasi sempre la situazione.
Come intervenire? Per evitare “morte e distruzione” si vorrebbe da più parti un intervento “poco muscoloso e molto ragionato”. E’ un modo di pensare formalmente giusto, ma non tiene conto del fatto che l’avversario comune ritiene di essere il più forte. Non resta quindi che una opzione militare forte, rapida e risolutiva e senza inutili ripensamenti falsamente umanitari. Questo tipo di azione comporta morti, distruzioni e dolori, ma è l’unica che può avere successo. Al primo intervento “di forza” deve anche seguire una fase più o meno lunga di tutoraggio anche pesante che aiuti a rimettere nella giusta carreggiata l’area nella quale si è intervenuti.
Un chiarimento necessario: la parola GIUSTO non ha un valore ed un significato universale, in questa trattazione GIUSTO significa condiviso dalla Comunità Mondiale che ha deciso l’intervento. Allo stesso modo “tutoraggio pesante” significa rispetto delle principali regole comunemente accettate, ma anche una sorta di “legge del taglione” nei riguardi di chi quelle regole continua a violarle.
E’ questa mia posizione eccessivamente dura e dittatoriale? Forse, ma vorrei ricordare un proverbio che citavano i miei nonni: il medico pietoso fa la piaga puteolente!
l’Italia deve intervenire? Da tutto quanto precede la risposta deve esser solo affermativa. L’Italia siede allo stesso consesso internazionale cui è stata demandata la decisione sull’intervento e questo è necessario e sufficiente per obbligarci alla azione comune che il Governo non può che condividere a meno di non uscire dalla comunità delle nazioni cui partecipa e questo significa uscire da ONU, NATO, UE. Significa restare isolati nel mondo e ….di Svizzera ne esiste una sola.
Circa 160 anni fa Cavour si adoperò per partecipare ad una guerra che in Piemonte non interessava a nessuno: la guerra di Crimea. Lo fece per entrare nel gruppo delle nazioni che allora contavano ed allora è iniziata la storia della Nazione Italiana. Ora vogliamo, forse che tutta la nostra storia sia resa inutile per inutile spirito falsamente pacifista? Il mondo è diventato piccolo ed esiste soltanto chi sta dentro, gli altri diventeranno inutili province dell’impero e spariranno e di Dante, Leonardo e Galileo se ne parlerà come antichi sapienti al tempo dei faraoni.

Non voglio discutere se queste considerazioni sono belle o brutte, etiche o antitetiche, attuali o anacronistiche, sono solo un tentativo di analizzare i fatti reali a mente fredda, sono sicuramente difficili da condividere e non vi chiedo di condividerle al 100%, ma ricordate cosa diceva Cicerone a proposito di Pace e Guerra: “Si pace frui volumus, bellum gerendum est”  letteralmente "Se vogliamo godere della pace, bisogna gestire la guerra".

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