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venerdì 15 agosto 2014

Identità digitale …riflessioni ignoranti.

15 agosto 2014                                                                      Attilio A. Romita

La Identità digitale, e quindi la Carta d’Identità digitale, è ai primi posti tra i vari temi in discussione per un compiuto raggiungimento dei dettati dell’Agenda Digitale.
Questo tema, tecnicamente, potrebbe essere risolto senza eccessivi problemi se si riuscisse a prendere serenamente delle decisioni che, impattando aspetti culturali, legali, di proprietà dei dati e consuetudinari, spesso sono esaltate in modo quasi irreale.
Chiedo scusa per l’uso estensivo di alcuni termini legali, sono un tecnico e non un esperto forense e vorrei indicare i problemi e idee realistiche che offrano possibilità di soluzioni quantomeno altrettanto valide delle modalità in uso attualmente.
Per una identificazione certa è necessario che l’individuo sia in possesso di un “documento” che colleghi il suo “aspetto fisico” ad una “banca dati” che certifichi la coincidenza di quello “aspetto fisico” con una ben precisa ed univoca entità dotata di ben specifiche facoltà “giuridiche”. Ho usato il “virgolettato” per identificare in modo estensivo alcune qualità o dimensioni che descrivono un “individuo”.
Prima di iniziare l’esame della “identificazione certa” è bene sottolineare che l’interesse della società dovrebbe essere di rendere complicata la vita di chi vuole imbrogliare e di facilitare le attività civili delle persone comuni.
Attualmente il documento principale di identificazione di una persona è la “carta di identità” cioè un documento di carta che certifica che il possessore coincide con quello della foto foto e con i dati scritti sul supporto cartaceo. Il valore assoluto della identificazione discende dunque dal possesso di un “cartoncino” rilasciato da una Autorità in un tempo precedente alla identificazione attuale. L’esperienza comune ci dice che la falsificazione dei documenti di identità è una attività molto diffusa e che è anche molto facile ottenere il rilascio di un documento “VERO” avendo a disposizione un paio di testimoni prezzolati.
Una soluzione fantascientifica potrebbe essere quella di impiantare “alla nascita” un chip sottopelle difficilmente rimovibile per il collegamento tra l’individuo ed una basedati centralizzata, cioè una sorta di “braccialetto elettronico” permanente. A parte alcuni problemi etici, si troverebbero sicuramente degli specialisti in grado di modificare i chip.
A parte la fantascienza, si può assegnare alla nascita un codice (negli USA è il SSN, Social Security Number e nulla vieta di copiarlo) che identifica in modo univoco una persona e che per comodità chiamerò CISN (Codice di Sicurezza Identificativo Nazionale). Al CISN corrisponderà una ben precisa casella dell’Archivio Nazionale Identità dove sono registrai i dati principali di un individuo, la sua foto periodicamente aggiornata, le impronte digitali, il DNA e ….il numero di unghie incarnite!
Nel momento in cui è necessario provare la propria identità sarà sufficiente che l’Autorità (il Carabinier di turno) acceda all’Archivio Nazionale con un dispositivo capace di fotografare la mia impronta digitale …ed ora tutti gli smartphone sono in grado di farlo.
Quali sono i problemi principali che ostano questa soluzione?
Inutili, dal mio punto di vista, preoccupazioni etiche e di privacy che discendono dal fatto che quei database nazionali, quindi garantiti dallo Stato sovrano, potrebbero essere violati o usati per scopi illegali da governi illegali. Sono d’accordo che non esiste la certezza assoluta, ma occorre ragionare in termini realistici di certezza relativa, di bene comune e di valore sociale in confronto ad incerte e difficilmente valutabili violazioni illegali. E’ da tener presente inoltre che la nostra “reale identità personale” è attualmente registrata in mille archivi elettronici anche facilmente consultabili.
Altra preoccupazione è che la mia identità, e quindi tutti i miei dati, siano violati “fotografando” illegalmente e forzosamente le mie dita. E’ vero come è vero che andando a spasso nessuno mi garantisce di non essere derubato, investito o semplicemente insultato. Sono rischi calcolati e nessuno di noi si chiude in un castello blindato per non correrli!
Il vero problema per realizzare un sistema di identificazione digitale è la costruzione dello ARCHIVIO NAZIONALE DELLE IDENTITA’.
Da oltre 20 anni si sono susseguiti, con nomi diversi e contenuti simili, almeno cinque Codici dell’Amministrazione Digitale che prevedono l’obbligo per tutte le Amministrazioni Pubbliche di non richiedere al Cittadino Dati o Informazioni che siano già in possesso di una qualsiasi altra Amministrazione Pubblica. Ad oggi sfido chiunque a richiedere a Milano il mio certificato di residenza a Roma, o viceversa. E ho fatto l’esempio di due grandi città con efficienti sistemi informativi.
Il problema della non circolarità dei dati pubblici e della presenza di migliaia di mega e micro Centri Elaborazione Dati è il reale ostacolo a qualsiasi “automazione nazionale”. Ogni città, paese, paesello e cocuzzolo di montagna vuole mantenere la proprietà assoluta dei suoi dati e, soprattutto, la presenza di un micro CED utile soltanto per dare uno stipendio ad un paio di persone.
Potremmo cercare e trovare mille brillanti soluzioni al problema della Identità Digitale, ma tutte si scontreranno contro lo scoglio della distribuzione disintegrata dei dati. E quale politico potrà mai lanciare una vera Campagna di Revisione Informatica che renderebbe possibile la perdita dei milioni di voti delle organizzazioni locali che traggono vantaggio da questi “micro centri di potenza”?
Io leggo la situazione in questo modo, e Voi?

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