I confronti internazionali sono impietosi e chi si sente toccato direttamente ...sale in cattedra e, leggendo i commenti alla notizia, inizia a confutare le virgole cadendo talvolta nel vaniloquio culturale.
“Ma
se mi toccano dov'è il mio debole, sarò una vipera.... cantava il poeta.
“Studiare
tanto e imparare poco: il gap digitale della Scuola italiana”
Una recente
ricerca OCSE afferma che gli studenti italiani studiano tanto (a casa), ma
imparano poco al contrario dei loro colleghi (http://www.agendadigitale.eu/competenze-digitali/1296_studiare-tanto-e-imparare-poco-il-gap-digitale-della-scuola-italiana.htm
).
Tentando
una difesa d'ufficio si fa confusione tra cultura, cioè conoscenza di fatti e
cose, didattica, cioè tecniche per insegnare la cultura, e strumenti, cioè
mezzi fisici di supporto alla didattica.
La
cultura può impararsi all’Università e, sinceramente, penso che il livello
culturale dei nostri insegnanti sia di buon livello in tutti i campi del
sapere.
Per
la didattica il discorso è più complesso in quanto è una materia in continua
evoluzione perché non è solo capacità di insegnare, ma anche, e soprattutto,
capacità di trasmettere la conoscenza. La didattica deve cambiare, non dico
evolvere, per adattarsi al mondo che cambia, alle modalità di trasmissione del
pensiero, alle modifiche del vivere quotidiano.
E a
questo punto entrano in gioco gli strumenti, cioè l’uso degli strumenti
digitali. Spesso, forse strumentalmente, si fa confusione tra “i giochetti
sullo smartphone” e la possibilità di usare un nuovo mezzo che può facilitare
il reperimento delle informazioni, la trasmissione del pensiero, la riduzione
di pesanti compiti manuali e, perché no,
il peso delle cartelle.
Leggere
la Divina Commedia su ebook non diminuisce il suo valore e un collegamento
internet permette rapidamente di trovare e confrontare mille letture critiche.
Scrivere
un tema o la soluzione di un problema su un tablet, condividerlo con il docente
e leggere correzioni e commenti sono una reale facilitazione e, quanto meno, un
risparmio di carta non indifferente.
Si ma
il valore di addestramento psicologico di una scrittura a mano su un foglio…..
Si è
vero, ma abbiamo inventato quaderni a righe e quadretti sempre più piccoli per
abituare ad una scrittura ordinata e corretta. Lo stesso risultato si ottiene
abituando all’uso di una maccchina utile ad ordinare la composizione grafica di
un testo o la soluzione di un problema. Settanta anni fa all’arrivo delle prime
penne biro ci fu una rivolta di professori e pedagogisti che scrivevavano che
con la biro si uccideva la calligrafia e la libera espressione della mente. Poi
nel tempo ci si accorse che la biro era uno strumento egualitario perché rendeva
uguali chi per la Prima Comunione avava ricevuto una bella stilografica e chi
doveva scrivere con cannello e pennino, li ricorda qualcuno?, spesso spuntati.
Ma
allora perché la Scuola non vuole passare all’uso dello strumento digitale? La
voce comune racconta che non ci sono strumenti adatti, il cosiddetto digital
divide! Ma una distribuzione di LIM, le lavagne digitali, PC e Tablet con il
Programma Scuola 2.0 non hanno spostato l’ago della bilancia forse perché si è
ritenuto erroneamente che dei “pezzi di ferro”, l’hardware appunto, potesse
ottenere risultati.
Il nuovo
progetto “La Buona Scuola” potrebbe cambiare qualcosa, ma dovrà agire sul
software, cioè sulle capacità degli insegnanti che dovranno essere messi in
grado di capire ed usare gli strumenti digitali che non sono un pericolo per la
cultura e sono solo strumenti per la didattica.
Dante,
Giulio Cesare e Leonardo da Vinci non ce li leverà nessuno, forse i nuovi
strumenti ci faciliteranno una loro migliore conoscenza.
Sarà
la volta buona?
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