Un altro articolo su TechEconomy sul mondo del sw, cioè del
software e quindi i programmi che fanno funzionare Computer “grandi”, PC,
Tablet, Smartphone e qualsiasi altro strumento capace di elaborare dati,
misure, informazioni e quant’altro.
E’ un buon articolo tecnico-informativo su un giornale
tecnico e vorrebbe, forse, essere anche divulgativo. Purtroppo, come accade
spesso noi tecnici, è in tante parti difficile da interpretare.
Vorrei sottolineare che sono d’accordo ad aprire i nostri “antri
informatici” anche al mondo che ci circonda, tante volte mi capita sottolinearlo
in convegni con uditorio multiforme, ma sempre tenendo presente che occorre
usare un linguaggio per in non-addetti.
Il testo completo dell’articolo di Andrea Castellani lo
potete leggere in .
Io ne riporterò e commenterò alcuni passaggi che, secondo
me, meritano una riflessione.
“Ma tu… che sistema usi?” “Che la domanda si riferisca al
computer portatile oppure al telefonino, che la si faccia per una curiosità
riferita alla tecnologia usata, oppure alla tendenza che va di moda, è una domanda
che si sente fare spesso.”
Sia che si parli di telefonini, tablet e Portatili la
risposta più comune, secondo me, è Nokia, Samsung, Apple, cioè la marca. Poi se
si tratta di utenti poco poco smaliziati diranno Microsoft oppure Android
oppure …Apple. Solo pochissimi esperti o quasi esperti citeranno il sistema operativo.
Invece, scherzandoci un po’ sopra, se parliamo di computer
(fissi, portatili, netbook, etc.) la risposta tipica sarà:
- “Windows…”, con un’espressione che sottende “…ovvio…”;
- “MAC OS X”, con un’espressione che sottende “…c’è la
mela…”;
- “PATASNIAC!”, con un’espressione che sottende “…figurati se
ha capito…”
Ma volendo essere,
seri queste risposte, sempre secondo me, nel mondo normale le daranno meno del
10%, cioè la stessa percentuale di persone minimamente informate di informatica….
“Patasniac” è più o meno quello che si sente pronunciare se
non si è un minimo esperti o, soprattutto, se la pigrizia mentale vince la curiosità,
come spesso accade (il che è un vero peccato). La risposta n.3 è probabilmente
lo strano nome di una distribuzione, ovvero una specifica “edizione” di quello
che, nelle sue svariate “forme”, vi assicuro essere un sistema operativo
davvero molto molto diffuso nel mondo: Linux.
Sono d’accordo. Soprattutto per gli utenti Android, infatti l’Omino
Verde, come amichevolmente noto a noi iniziati, ha nel tempo avuto vari soprannomi
accattivanti.
“Quindi la parola pronunciata in realtà sarà “Ubuntu”, oppure
“Mint”, o “Debian”, o “Fedora”, etc. etc. …………….”(potete vedere uno schema
aggiornato solo fino al 2012, oppure il sito distrowatch.com).
Il solito utente “normale”, copiando il Manzoni ….”Carneade,
chi son costoro?”
“Quando parliamo genericamente di GNU/Linux (come è più
corretto dire, anche se per brevità si usa dire spesso solo “Linux”) ci
riferiamo necessariamente ad un vasto universo di differenti distribuzioni,
comunemente dette distro. Ogni distro è un ambiente Linux completo, con il suo
ecosistema di pacchetti software già presenti, pensato per una specifica utenza
ed installabile sul proprio “apparecchio” (non solo computer, ma anche
smartphone, tablet, device di ogni genere). Tanto per capirci, abbiamo numerose
distro per un uso generico “desktop” (come appunto Mint, Ubuntu, Debian,
Fedora, etc.), che possiamo usare in un PC o in un laptop. Altre distro
“desktop” sono specifiche per determinate funzioni, ad esempio per fare musica,
video e grafica (come la Ubuntu Studio), per la scuola e lo studio (come la
EdUbuntu), per riusare vecchio hardware (come la Puppy Linux o la Elementary
OS), per essere un perfetto hacker (come la BackTrack), per giocare (come la
SteamOS), etc. etc.”
Questi due capitoli, a parte le citazioni per iniziati, sono
la spiegazione della scelta fatta per molti anni dai possessori di PC: una
suite completa anche se proprietaria. Per essere chiari parlo ovviamente della
vituperata suite MS Windows+Office che ci troviamo pronta, installata e
completa ….bastava aggiungere qualcosa al costo del PC.
Poi Distro per GNU/Linux
è un nome vagamente minaccioso ed io, lo confesso, …è la prima volta che lo
leggo
Ovviamente Linux copre anche tutte le esigenze dell’utenza
Professional: ci sono distro specifiche per un uso server (come la CentOS) ,
altre per un uso firewall (come la pfSense o la italianissima Zeroshell), per
recupero dati (come la SystemRescueCD), per la sicurezza e analisi forense
(come la Parrot Security OS), per farvi un NAS multifunzione (come la
OpenMediaVault), etc. etc.
Lo “ovviamente” iniziale possiamo definirlo bonariamente
illusorio. Qualche anno fa ho avuto il primo smarthone Android e nei primi mesi
ho avuto un gran da fare a ricercare una app per fare qualcosa che il mio PC,
anche con Ms Windows d’epoca, faceva normalmente.
Poi il gioco delle app, quasi una droga che dà dipendenza,
ha sovraccaricato il mio smartphone di “utilissime” pesanti funzioni che …non
uso mai. Ma questo è un mio problema!
“Lo sapete? I Supercomputer usano spesso delle distro
“server” ottimizzate. Pensate che oltre il 96% dei primi 500 supercomputer utilizza
esclusivamente sistemi operativi basati su Linux (soltanto una piccolissima
parte utilizza invece varianti di Unix o Microsoft – fonte wikipedia).”
E’ un fatto vero, ma nei nostri discorsi ha una validità
limitata. Infatti i mega server sono apparati speciali per i quali gli
specialisti studiano soluzioni ed ottimizzazioni legate alle specifiche
caratteristiche di questi sistemi. E’
come prendere il motore di una Ferrari da turismo, ed ho scelto un motore
raffinato, volerlo mettere su una Ferrari da corsa e poi dire che deve
funzionare senza modifiche.
“Un altro esempio? Android è open source ed usa il kernel di
Linux (il nucleo più a basso livello del sistema operativo) per realizzare un
sistema adatto agli smartphone. Non la possiamo considerare proprio una distro,
anche se il concetto è simile, ma aumenta la nostra consapevolezza di quanto
effettivamente Linux sia diffuso: una diffusione numericamente imponente, ma
spesso poco nota ai più.”
La diffusione di Linux è un fatto incontrovertibile e la scelta
fatta dai costruttori è stata fatta perché potevano liberamente vincolarlo ai
loro dispositivi. Infatti non è possibile liberamente passare a versioni
diverse del sw se il costruttore non le autorizza e, se vogliamo cambiare
qualcosa del sw installato, dobbiamo liberare il dispositivo (effettuare il
rooting, per gli esperti) per accedere a funzioni particolari ….e se ci
sbagliamo possiamo pure buttare lo smatphone.
“Per estremizzare (neanche troppo), siccome parliamo di
software libero, chiunque, a seconda delle sue conoscenze e necessità, può realizzare
la propria distro, magari creando un progetto che la porterà ad essere famosa e
diffusa…………..”
I paragrafi che seguono, e che vi invito a leggere, dicono
cose esatte, ma con una premessa “chiunque, a seconda delle sue conoscenze e necessità, può realizzare
la propria distro” ed proprio questo il vincolo maggiore …chiunque
può costruire una casetta, ma se non sa mettere i mattoni in fila per fare un
muro dritto …è inutile pensarci.
“Amico mio… amico
caro… te lo dico da esperto…” “Fatti una distro tutta tua!!” (…e divertiti)
Conclusione simpatica, amichevole e invitante che però vale
per un singolo privato indipendente abbastanza esperto che vuole rischiare, ma
che non è valido per una pubblica amministrazione che a livello nazionale deve
avere funzionalità uguali, interconnessione automatica, intercomunicabilità
assoluta dei dati: quasi un mega computer articolato in mille piccole macchine
che si possono parlare tutte con lo stesso dialetto.
La mia scarsa simpatia per il sw libero deriva proprio dalla
facilità di polverizzazione che ci ha condotto ad avere 5000 serverini comunali
sviluppati liberamente che rendono impossibile la interconnessione.
Sicuramente l’uso dei sw proprietari più diffusi non risolve
il problema, ma, usando una base chiusa e proprietaria almeno rende un po più
difficile la vita agli “apprendisti stregoni”! … e ve lo dice uno che per tanti anni è stato
uno di loro.
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