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venerdì 11 settembre 2015

Universo "OPEN" e aspetti giuridici ….riflessioni ignoranti.


L’analisi del concetto OPEN continua con un interessante analisi di questo concetto dal punto giuridico.
L’avv. Piana ne fa una lunga e accurata trattazione sul sito di Techeconomy  e spero gli faccia piacere se cito alcuni suoi passaggi per commentarli e, mi auguro, per stimolare ulteriori spiegazioni. In alcuni punti sostituirò alcune parti con dei puntini per alleggerire la lettura …il testo completo è al link indicato.

“Un detto piuttosto famoso recita più o meno “chi ha come unico strumento un martello, tende a vedere qualsiasi problema come un chiodo”. Sembrerebbe questa la ragione per cui un giurista tenda a vedere qualsiasi tema come un tema giuridico. Mi dichiaro allora colpevole del reato ascritto: vedo l’“open” dal punto di vista giuridico.”
Io sono un informatico quindi il mio chiodo sono “sofwtware, sistemi, programmi e quant’altro” che proverò a guardare in ottica OPEN. Chiedo in anticipo scusa se userò qualche temine in una accezione comune che potrebbe non coincidere perfettamente con l’accezione giuridica.
“Per riconoscere cosa è “open” occorre saper riconoscere cosa è “chiuso” e dunque sapere in che modo qualcosa di immateriale possa essere chiuso.”
Mi sembra una affermazione esatta e condivisibile anche se a prima vista qualcuno potrebbe definirla ovvia.
Pertanto, stabilire se quel qualcosa sia aperto, significa stabilire …. sia sufficientemente libero da…. vincoli giuridici che ne rendono difficoltoso o impossibile l’uso, la replicazione, la modifica, la diffusione…..”.
Mi sembra importante questa definizione dei parametri e filtri tramite i quali definire un prodotto informatico open.
“…Diciamo la verità, l’uomo tende a rendersi comoda la vita. Non che questa sia una tendenza irragionevole o nefasta, intendiamoci. ….. Ecco che nasce il “copyright”, con lo Statute of Anne (1709-10), che mira a proteggere il diritto dello stampatore sulla possibilità di trarre copie dei libri (ecco perché copy-right).
Segue un lungo excursus storico molto dettagliato ed interessante tutto da leggere.
Ma per le altre opere dell’intelletto, come ci si faceva a proteggere?
Se si inventava……… limitando sempre di più lo spazio di ciò che è libero e non soggetto ad altrui diritti, fino alla situazione odierna in cui in pratica vi sono ambiti dove si è sostanzialmente privi di un pubblico dominio significativo (come nella letteratura, nel cinema, nella tecnologia dell’informazione)”
L’analisi dell’apertura per le opere d’intelletto è ancora dettagliata, ma c’è nella conclusione una affermazione che mi sembra eccessiva e cioè che non esiste opera dell’intelletto di pubblico dominio. Ma forse ho capito male!
Il pensiero comune si è nel frattempo conformato allo stato dell’arte, tanto da far ritenere naturale pensare ai “beni intellettuali” come una proprietà, allo stesso modo di una sedia o di un terreno.  …. L’openness, nell’accezione principale, è appunto questo: far rientrare quanto più possibile in un terreno di libero accesso, di libero utilizzo, di libera modifica, di libera redistribuzione, ciò che sarebbe invece ristretto e proprietario. Creare, in ultima analisi, dei commons."
La analisi degli strumenti COMMONS è dettagliata, ma mi sembra eccessiva la conclusione cioè l’estensione dl pubblico dominio, cioè proprietà di tutti, per un prodotto che comunque ha avuto un costo, anche se solo intellettuale per il suo sviluppo. A me sembra giusto che un prodotto industriale, anche se solo dell’intelletto, deve garantire la sicurezza dell’utente e deve far conoscere “cosa può entrare e cosa può uscire, cioè funzionalità, formati di input e di output, ma non è necessario che sia noto il suo internal e che non sia legale la c.d. “reverse engineering” e soprattutto che sia “proprietà di tutti”.
 “…..Paradossalmente, è diventato oggi difficile, in certi casi addirittura macchinoso, far sì che un bene intellettuale sia liberamente utilizzabile. ………”
Plagiando questa frase mi sembra giusto dire che è paradossale dire che un bene intellettuale, che comunque ha avuto un costo reale o virtuale di sviluppo, debba essere liberamente utilizzabile.
Nel seguito continua l’elaborazione del concetto COMMONS che, ma questa è una mia interpretazione, sembra decidere che qualsiasi prodotto dell’intelletto non abbia diritto a delle protezioni quasi non fosse un BENE per quanto immateriale.
“ Prime conclusioni. ……Vedremo nei prossimi contributi come il concetto di openness si declina e quali sono le implicazioni. Per il momento, repetita iuvant, non è possibile parlare di openness senza considerare che si tratta di vincere vincoli giuridici tramite strumenti giuridici….”
Vedremo come vanno avanti le considerazioni dell’avv. Piana.
La mia considerazione finale è che quando “si tratta di vincere vincoli giuridici tramite strumenti giuridici….”  occorre non perdere mai di vista “il senso comune” perché vorrebbe affermare la dittatura del diritto sul diritto alla non-dittatura.

Buon lavoro e buona lettura a tutti.

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