uno spettacolo di Eduardo Sylos Labini da Massimo
Fini.
di Attilio A. Romita 20
gennaio 2016
Penso che lo spettacolo rappresentato ieri al Quirino
può definirsi come interpretazione drammatica di avvenimenti che la storia ha
mascherato per circa 2000 anni. Se chiedessimo ad una persona, anche di medio
alta cultura, di definire l’imperatore Nerone, quasi sicuramente la risposta
sarebbe: “un imperatore pazzo che ha incendiato Roma e si è macchiato di
orrendi delitti”.
E’ proprio con la rappresentazione
di questo incubo che si apre lo spettacolo: un sogno che ripercorre la vita
dell’Imperatore avviata ad una tragica fine.
Tutto l’apparato scenico è la
rappresentazione dell’incubo: i personaggi variamente abbigliati, anche con
abiti contemporanei, sono contornati da mimi, musici, ballerine proprio come in
un sogno quando realtà, ricordi ed illusioni si mischiano.
Nerone, cioè Nero Claudius Caesar
Augustus Germanicus Lucius Domitius Ahenobarbus, è figlio adottivo dell’imperatore
Claudio e diviene imperatore a 17 anni alla morte del patrigno abilmente facilitata
dalla madre Agrippina che, assetata di potere, vorrebbe esercitarlo tramite il
figlio che cerca di condizionare con l’aiuto non disinteressato del filosofo
Seneca.Il giovane Nerone, anche se innamorato e non in modo virtuale della
madre, non cede alle sue idee ed entra in conflitto con lei sino alla sua
eliminazione fisica.
Ma le idee socialmente innovative di
Nerone vanno anche contro la potente casta politica dei senatori che decretano
la sua fine.
In questo si trova immischiata Poppea,
la giovane moglie di Nerone, che porta in grembo il figlio dell’imperatore:
anche Poppea trova la morte durante un ennesimo litigio.
Ora Nerone è solo, il Senato gli è
contro e lo vuole morto per le sue idee a favore del popolo. Ed anche il popolo
lo abbandona quando, in modo molto subdolo, viene accusato di aver incendiato
Roma. Tutti questi fantasmi assediano la mente del giovane imperatore: a poco
più di 30 anni non resiste e si uccide.
Sino a qui la storia e da questo
punto parte la tragica leggenda di un imperatore pazzo che, travestito da
artista, provocava solo danni e morte sino all’incendio della sua città.
Massimo Fini con il suo libro su
Nerone ha cercato di ristabilire la verità storica, quella cioè di un
imperatore che metteva in crisi usi e costumi consolidati con idee liberali
molto avanti ai suoi tempi,. e che era facilmente attaccabile per le sue
eccessive attitudini artistiche.
Con questo libro e con 2000 anni di
ritardo un po di verità comincia a lavorare per Nerone.
Il testo letterario non era facile
da portare in spettacolo teatrale: la chiave di lettura vincente è stato la trasformazione
da testo a racconto sceneggiato di un incubo. Non sempre questa passaggio è
stata fedele al testo originale ed ha introdotto qualche sbavatura come quando
è stata inserita una farsesca copia di Petrolini. Mi sembra giusto riportare
anche uno scambio di battute tra Fini ed un giornalista riguardo una allusione
politica:
Giornalista:
“Cosa ne pensa di alcune allusioni di
Edoardo Sylos Labini che pare aver accostato il politico dell’Antica Roma
Nerone e il moderno politico Silvio Berlusconi? Le pare pertinente e coerente?
Lo chiediamo a Lei che si è sempre dichiarato un anti-berlusconiano.”
Fini:
“Non diciamo assurdità! Di Nerone si
parla ancor adesso, dopo duemila anni di distanza, nel male ma anche nel bene,
come ho detto, non solo per le cose che ho scritto io, perché a livello
universitario sono assolutamente documentate. Di Berlusconi fra quarant’anni,
se ci sarà ancora Wikipedia o qualcosa di simile, si dirà: un politico
italiano, Presidente del Consiglio quattro volte, coinvolto in scandali
giudiziari, dovette lasciare la politica. Quattro righe, insomma. Nerone ha
un’altra possanza. Anche se Sylos la gira un po’ in quel modo”.
Giornalista:
“E’ stata un po’ una strumentalizzazione,
insomma…”
Fini:
“Sì. All’arte si permette tutto, no?”
Ed ora qualche informazione
teatrale.
“NERONE
DUEMILA ANNI DI CALUNNIE” : uno spettacolo di Edoardo
Sylos Labini liberamente tratto dall’omonimo saggio di Massimo Fini.
In scena Nerone è Edoardo Sylos Labini, Seneca è Sebastiano
Tringali, Poppea Dajana Roncione, Fenio Rufo è Giancarlo Condè, Otone è Gualtiero
Scola, Agrippina è Fiorella Rubino, DJ e mimo è Paul Vallery. Gli attori della Fonderia
delle Arti formano coro. Angelo Crespi ha curato la drammaturgia.Le scene e
costumi sono di Marta Crisolini Malatesta, il disegno luci di Pietro Sperduti e
le musiche originali Paul Vallery
A fine spettacolo molti applausi ed
in uscita ampio spazio ai discorsi sul personaggio che evidentemente non è così
ben conosciuto o che, forse, era conosciuto solo in negativo
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