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giovedì 28 aprile 2016

Al Teatro Quirino “Il consiglio d’Egitto” con Enrico Guarneri

di Attilio A. Romita                                                          Roma, 27 aprile 2016
Nel corso della storia ci sono stati vari esempi di documentazioni illustri quanto false che hanno in qualche modo falsato il corso della storia. Prototipo di questi falsi è la cosiddetta “Donazione di Costantino” che per 12 secoli ha costituito la base giuridica dello Stato Pontificio e che fu smascherata da Lorenzo Valla, un quasi omonimo del protagonista dei fatti storici che sono alla base dello spettacolo odierno.

Verso la fine del 1700 il monaco gerosolimitano Giuseppe Vella viene casualmente in possesso di un libro in arabo religiosamente custodito in un convento e del quale nessuno conosceva il contenuto. Il monaco approfitta brillantemente dell’occasione è crea una traduzione “personale” che certifica l’appropriazione indebita da parte della nobiltà siciliana dei terreni dei quali erano titolari gli Arabi sino alla loro partenza dalla Sicilia. Solo dopo circa 20 anni il falso è scoperto e l’autore incarcerato. Leonardo Sciascia ha scritto “Il consiglio d'Egitto”, romanzo storico che si rifà a quei fatti e la sua opera ha ispirato la riduzione scenica attuale. Anche un altro scrittore siciliano ne ha scritto nelle sue “Croniche” e l’autore della riduzione teatrale lo cita in modo indiretto chiamando “Camilleri” il frate che aiuta don Vella nella “traduzione” del famoso documento arabo.
Sin qui la storia utile per inquadrare lo spettacolo che per due ore è stato fonte di divertente interesse per le manovre messe in atto per costruire un sostenibile falso storico. Nella finzione scenica don Vella, ottimamente interpretato da Enrico Guarneri, vorrebbe sembrare un sempliciotto “parrino”, prete di campagna, che con malcelata furbizia sfrutta la situazione. Nella costruzione dell’imbroglio don Vella associa il frate Camilleri, nei cui panni Vincenzo Volo esprime tutta la sua bravura e che di volta in volta è complice, succube e coscienza popolare.
Per contrastanti ragioni la decadenza dei diritti dei nobili è sponsorizzata scientemente dall’alto Clero, Monsignor Airoldi interpretato da Pietro Barbaro, e idealisticamente dall’illuminista seguace di Voltaire avv. Di Blasi, Rosario Minardi.
I nobili (Principessa di Serradifalco Ileana Rigano, Contessa di Regalpetra, Francesca Ferro, Conte di Regalpetra, Ciccio Abela) vorrebbero smentire l’opera di don Vella e per questo supportano le inutili trame dell’abate Abate Meli, Rosario Marco Amato, e dello studioso prof. Hager, Antonello Capodici.
Inconsapevole iniziatore di tutta la manovra truffaldina è l’ambasciatore arabo, Gianni Fontanarosa, che casualmente si trova a Palermo e che chiede di vedere un manoscritto arabo antico conservato in un monastero. Don Vella, unico che conosce l’arabo, scopre che quel manoscritto contiene solo una vita di Maometto, ma in lui scatta  l’idea che cambierà in meglio la sua vita e del testo se ne fa infedele interprete.
Alla fine sarà proprio don Vella a rivelare il suo imbroglio ed a pagarne le conseguenze insieme al suo fido Camilleri.
 E’ giusto a questo punto parlare dello spettacolo. Guarneri è perfetto nell’esprimere una gamma completa di sentimenti ed atteggiamenti: dal furbo parroco di campagna allo studioso imbroglione per terminare con un pentito che riconosce il suo imbroglio. Volo è una perfetta spalla di Guarneri ed è immagine della furbizia popolare capace di adeguarsi sempre alle situazioni.
Tutta la messa in scena (Salvo Manciagli per le scene e Riccardo Cappello per i costumi) molto funzionale e talvolta minimalista è stata curata dal regista Guglielmo Ferro.
In conclusione uno spettacolo piacevole e divertente che, come tutti i testi di Sciascia, spinge a pensare come talvolta basta la lettura differente di un fatto per cambiare completamente la realtà.
Tanti applausi a scena aperta ed alla fine. Si replica al Quirino di Roma sino alllo 8 di maggio. 

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