Attilio A. Romita 2 maggio 2016
Ho partecipato ad un recente evento sulla situazione di
e.Commerce in Italia. L’incontro comprendeva la presentazione dello stato
dell’arte (Perego dell’Osservatorio del Politecnico di Milano) e una analisi di
luci ed ombre dello e.Commerce (Liscia presidente di NetComm). Le successive
due tavole rotonde hanno esaminato a fondo il problema dello scarso sviluppo di
eCommerce in Italia e si è arrivati al nocciolo duro del problema ovvero la
scarsità di competenze digitali.
A questo punto credo sia importante evidenziare alcuni
distinguo riguardo il discorso delle competenze digitali che riguardano aspetti
diversi del mondo immenso che gira attorno due piccoli segni grafici: 1 e
0.
Le competenze per il “mondo digitale”, secondo me, devono
essere analizzate almeno secondo tre coordinate: costruire, programmare, usare.
Le competenze, analizzate secondo le tre coordinate, hanno solo alcuni aspetti
in comune e richiedono conoscenze propedeutiche e specializzazioni diverse.
Per costruire un computer, quali che siano gli utilizzi cui
è destinato, occorrono conoscenze tecnologiche legate all’elettronica, alla
scienza dei materiali, alle nanotecnologie e alla progettazione di prodotti industriali.
La programmazione di un computer è diretta a progettare due
tipologie di servizi: i servizi di base cioè quello che genericamente e non
completamente è definito come sistema operativi; i servizi utente cioè la
realizzazione di sistemi per la soluzione di problemi specifici di una
industria o di aree specifiche di essa. Per programmare un computer occorrono
competenze di base sulle funzionalità della macchina, conoscenze di sistemi di
analisi dei problemi e di linguaggi di programmazione adatti alla soluzione dei
problemi.
In modo riduttivo si potrebbe dire che per usare un computer
è sufficiente conoscere “quali tasti spingere” per far funzionare un programma.
Se però saliamo di qualche gradino nella scala gerarchica ci si rende conto che
una conoscenza maggiore delle modalità e capacità di funzionamento di un
computer offrono la maggior possibilità di miglioramento produttivo tra chi usa
un computer e chi lo programma. Infatti questa collaborazione tra persone che
usano lo stesso linguaggio semplifica notevolmente lo studio delle esigenze e
rende la realizzazione una esatta soluzione del problema.
Da circa 30 anni hanno avuto grande sviluppo i computer
personali, cioè macchine di ridotte dimensioni capaci di lavorare singolarmente
o in collaborazione sfruttando programmi generalizzati per la soluzione di
necessità specifiche: programmi di scrittura, calcolo, disegno, etc. Anche per
questo ambito di utilizzo è utile la conoscenza di “posso fare” con un computer
per poter trovare il migliore e più rapido strumento per risolvere il proprio
problema. E in questo ambito andiamo dal sistema di scrittura che permette di
facilmente registrare e diffondere il proprio pensiero in forma scritta, a, per
es., i programmi di Gestione dei Progetti necessaria a qualsiasi manager per
organizzare e controllare lo sviluppo ordinato di un progetto.
Il lungo ed ampio preambolo ritengo sia stato necessario per
chiarire, come detto all’inizio, il mondo delle capacità e conoscenze che ruota
intorno a “1 e 0”.
Oggi sempre più spesso, talvolta a proposito, spesso a
sproposito, si sente parlare di coding e di pensiero computazionale come se
fossero delle panacee che curano qualsiasi malattia della mente e del corpo e
la cui cura è salvifica per vivere nei nostri tempi.
Io affermo che pensiero computazionale è solo una
definizione pseudo altisonante della banale logica che dovrebbe guidare ogni
nostra azione. L’espressione “IF..THEN..ELSE” (se …allora …altrimenti) ben nota
a chiunque si sia interessato di CODING (programmazione) non è altro che una
scrittura dell’antico sillogismo aristotelico che ognuno di noi ha studiato a
scuola e che ognuno di noi dovrebbe tener ben presente quando fa una
affermazione.
E lo studio della grammatica e della sintassi non sono altro
che esempi di coding, cioè di modi di comporre il proprio pensiero in modo comprensivo
per gli altri.
Anche lo studio delle lingue estere non è altro che una
forma di Coding, cioè la formulazione del proprio pensiero in modo
comprensibile a chi usa una lingua diversa dalla nostra.
Queste ultime affermazioni non vogliono essere una
diminuzione del valore dell’informatica, ma soltanto una considerazione che l’informatica
è un grande importate nuovo strumento utile per facilitaci la vita e che
necessita di chi lo costruisce di chi lo programma e di chi lo sappia usare. Aldo
Moro introdusse il concetto di “convergenze parallele”, io credo che questa “figura
retorica” ben si adatta ai componenti principali del “mondo informatico”.
In conclusione credo che la scuola debba essere lo strumento
che ci introduce alla coesistenza nel mondo e per far questo debba coniugare le
conoscenze del “mondo informatico” con la sapienza tradizionale senza costruire
fare un totem basato su coding e pensiero computazionale che talvolta (absiit
iniuria verbis) solo sommariamente conosce. (CODING: IL NUOVO TOTEM…….RIFLESSIONI IGNORANTI).
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