Attilio A. Romita 8 maggio 2016
La mia idea, che spero largamente condivisibile, è che il giornalista
è una persona che comunica la sua visione su avvenimenti, uomini e cose attraverso
strumenti utili a diffondere il suo punto di vista. E voglio sottolineare che
la frase “punto di vista” significa che i giornalisti per effetto della loro
natura umana tendono comunque ad esporre un fatto attraverso le lenti della
loro cultura, della loro educazione e della più o meno approfondita conoscenza
che hanno di quel fatto cioè ciò che ha provocato e ciò che lo ha provocato. Fatta questa premessa, alcune osservazioni sulla
professione del giornalista oggi.
Cesare quando scriveva il De bello Gallico, Amerigo Vespucci
con le sue Cronache Epistolari, i compilatori dei tazebao sono tutti
giornalisti cioè diffusori e commentatori di notizie oltre che Generali,
Navigatori o ....cinesi.
Negli ultime due secoli la creazione e diffusione dei
"Giornali di carta" ha specializzato lo strumento di supporto alla
comunicazione e le tecniche comunicative.
La radio e la tv hanno aumentato e specializzato la quantità
e la qualità dei comunicatori.
La rete ed internet hanno messo a disposizione di tutti uno
strumento per comunicare le proprie idee facilmente accessibile. Un processo
che definirei di selezione naturale, ha creato un gruppo di facilitatori della
comunicazione che nella mia accezione definirei giornalisti a tutti gli
effetti.
Oggi tutti possiamo dichiararci operatori della
comunicazione e il valore di ciascuno è legato esclusivamente al numero di
lettori che abbiamo ...se poi vogliamo
godere di particolari servizi è giusto che partecipiamo ad associazioni corporative
che però non devono chiedere o far valere alcun "jus primae noctis".
La rete ha deciso de facto che oggi esistano molti
"operatori della comunicazione" che non appartengono agli Ordini dei
Giornalisti. Alcuni, o molti, vorrebbero forse entrare nella
"corporazione", ma ne sono impediti da regole che forse sarebbe il
caso di aggiornare.
"I giornalisti
della carta", come mille altri gruppi omogenei, si sono uniti per
onorevoli ragioni di "unione fa la forza" e quindi hanno creato
organi che li aiutassero a perseguire benefici di gruppo di tipo previdenziale o
professionale ed in questa ottica hanno stabilito regole di accesso alla loro
"corporazione".
E’ corretto che chi vuole entrare dimostri di aver
pubblicato, cioè fatto conoscere pubblicamente le sue idee, si sottoponga ad un
esame d’accesso e che paghi dei costi di associazione; non è corretto chiedere
che la qualifica a comunicare abbia come prerequisito un contratto di lavoro
retribuito e da articoli pubblicati sulla carta.
Altrettando chiaramente dal punto di vista legale chi
pubblica, su carta o su bit, si assume la responsabilità di quello che scrive e
se il suo operato viola la legge e sarà soggetto a tutte le conseguenze che la
legge prevede. Proprio per questo motivo sarebbe giusto che il giornalista di
bit possa iscriversi ad una “corporazione” e per far questo deve poter seguire
un percorso che deve essere rivisto.
Chiaramente, per garanzia dei “clienti”, dovranno esistere
sempre professioni “tecniche” basate su una preparazione specialistica
certificata. La professionalità di un
giornalista è garantita dal numero dei suoi lettori interessati ai temi
trattati e alla sua capacità di raccontarli.
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