di Attilio A. Romita 16 settembre 2016
Questa riflessione
nasce dalla lettura dall’articolo “Il messaggio è il medium e il medium è
l'odio” di Edoardo Fleischner su www.agendadigitale.eu.
In modo meno sintetico io direi:
l’odio può essere uno stimolo, il messaggio può anche essere la mia esplicitazione
dell’odio, la rete è il mezzo per comunicare il messaggio. Ma è molto
limitativo pensare che l’odio sia alla base del messaggio a meno di non voler
includere in questa espressione negativa tutte le ragioni per le quali si
esplicita un interesse a comunicare.
Nel seguito, rischiando l’anatema
degli esperti, userò indifferentemente le parole rete ed Internet così come intesi
nel sentire comune.
Tutti gli esseri che fanno parte
del regno animale hanno sempre avuto la necessità di comunicare, cioè di
fornire informazioni ai propri simili. Le formiche esploratrici informano i
propri simili dove hanno trovato cibo. I delfini ed i cetacei hanno raffinati
mezzi di informazione sonora.
L’uomo, sin dai primordi 2-3000 secoli
fa, ha cercato di informare i suoi simili e le rappresentazioni di animali
nelle grotte preistoriche sono il risultato. Non sappiamo interpretarle, ma
quasi sicuramente non erano solo decorative.
Venendo a tempi molto più vicini
a noi la comunicazione è sempre stata di uno a molti e la scrittura, solo
occasionalmente accompagnata dal disegno, lo strumento per comunicare.
Il racconto della storia e degli
uomini attori della la storia, spesso militari, è per molti secoli al centro
della comunicazione. Molte informazioni storiche antiche ci arrivano da giornalisti
“embedded” come Erodoto e Tito Livio o come il grande Giulio Cesare capace con
pochi tratti di fornire descrizioni che ci “fanno vedere”.
I secoli passano e l’informazione
continua ad essere basata su scritti e tradizioni orali. Gli scritti, talvolta
filtrati dalle scelte monastiche degli amanuensi e le tradizioni orali adattata
dal cantore di turno.
L’altro ieri, con Gutemberg e la
stampa, la scelta di che narrare diventa più ampia, ma ha sempre un pesante
vincolo: puoi leggere se sai leggere.
Nel 1500 a Venezia si pubblica
un notiziario commerciale che si può acquistare con una gazeta, moneta da due soldi: è l’inizio del giornalismo moderno, ma
sempre scritto e per una comunicazione da uno a molti.
Dai tempi antichi sino a pochi
anni fa la scrittura è la padrona quasi assoluta della comunicazione ed il suo
impero è solo scalfito dai cantastorie che accompagnano la narrazione con
semplici immagini molte volte semplicemente adattate alla storia di turno.
Arriviamo a circa un secolo fa: la
fotografia e la stampa delle immagini su i giornali aumentano la forza della
comunicazione. Le tavole di Beltrame sulla Domenica del Corriere ci fanno
vedere, non più immaginare, il bambino rapito da una aquila. Le foto dal fronte
della guerra 15-18 ci raccontano molto di più dei reportage anche di illustri
scrittori perché tutti possono leggere quella immagine e non tutti sanno
leggere quella storia.
L’avvento della televisione,
siamo partiti mille secoli fa e siamo arrivati solo a 50 anni fa, cambia
completamente il paradigma della comunicazione e dell’informazione: è la
vittoria dell’immagine e della storia raccontata quasi in contemporanea.
In tutta questa lunga cavalcata
la spinta all’informazione, e talvolta alla disinformazione, è stata il motore
della comunicazione che comunque continua ad avere la caratteristica di uno a
molti.
La rete, Internet e la
possibilità di collegamenti multipli hanno completamente cambiato le modalità
di comunicazione: ora tutti possono abbastanza facilmente veicolare le proprie
idee verso tutti.
Questa nuova modalità semplice
di “inviare notizie ed idee” ha insieme notevolmente complicato la capacità di
trasmettere notizie ed interpretare notizie.
E’ facile dire a tutti di aver
visto “gli asini che volano”, ma è abbastanza semplice verificare quanta
credibilità dare a chi lo ha scritto confrontando la nostra realtà di tutti i
giorni con le altre “comunicazioni” create da quel “signore delle favole”.
Ed ora torniamo all’inizio cioè
allo spunto di questa mia lunga riflessione.
Può capitare che sia anche una
delle mille forme dell’odio a confezionare una notizia falsa, ma l’odio è un
cattivo consigliere e porta facilmente ad esagerare e a farci scoprire.
Io credo che il mondo cambi
talvolta evolve talvolta involve, che gli strumenti dell’informazione e della
comunicazione, cioè i media,
cambiano, che tutti gli umani sono figli del loro tempo e spesso il loro
adattamento al cambiamento è più lento del cambiamento stesso.
Tutto ciò premesso sono contento
di poter vivere oggi quando, senza essere nessuno, ho la possibilità di far
leggere a tutti questa nota …e non credo che questo mio desiderio sia spinto
dall’odio.
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