di Attilio A. Romita 07
dicembre 2016
“Un uomo… “un po’ strano”,
un uomo… “pacifico” e una donna come “un’ombra che passa in lontananza” sono i
tre protagonisti…….. della novella trasformata in testo per il teatro ….... il
più breve di tutta l’opera di Pirandello. …… Il breve “atto unico” è stato interpolato
con “pezzi” di novelle che affrontano il tema (fatale per Pirandello) del
rapporto tormentato tra marito e moglie (“…si dovrebbe dire La marito e, per
conseguenza, Il moglie…”) …. questa “donna che passa da lontano” e che forse è
il simbolo di quella “morte” che l’uomo si porta appresso “come un’ombra” …. la
protagonista invisibile dei “guai” grandi e piccoli ma pur sempre “inguaribili”
dei due protagonisti…. No, l’uomo non può proprio fare a meno della donna. La
sua malattia mortale.” Così Gabriele Lavia, regista e protagonista, ci descrive questa messa
in scena, de “L’uomo dal fiore in bocca”
di Pirandello.
In una buia sala d’aspetto
di una stazione, durante una notte tempestosa, un uomo “pacifico”, ma sempre in
ritardo, incontra uno strano individuo che aspetta qualcosa che non vorrebbe
mai arrivasse. E tra i due inizia uno strano dialogo realistico, filosofico, nonsense. Il protagonista, l’uomo un po’
“strano”, inonda di frasi, concetti, paragoni e distinguo “l’uomo pacifico” che
quasi affoga in quel fiume di parole come poco prima rischiava di affogare nel
temporale gonfio di pioggia. Lo “strano” sembra profondersi in cortesie verso il
“pacifico”, ma quasi inconsciamente lo aiuta a perdere il treno per non restare
solo ad attendere il suo destino segnato da un “fiore in bocca”, un tumore
maligno. E c’è anche un terzo personaggio: una misteriosa figura femminile che
si aggira all’esterno sotto la pioggia e, quasi un deus ex machina di classica
memoria, è motore, stimolo, causa e condizionamento del comportamento dello “strano”.
Solo alla fine scopriamo che la figura femminile è la moglie del protagonista
che vorrebbe aiutare e proteggere il marito nel suo percorso finale. Ed è
proprio questa “amorevole” insistenza che scatena la reazione indispettita di
chi vorrebbe terminare i suoi giorni tranquillamente e per questo si rintana in
una triste stazione dove cerca la comprensione o meglio l’ascolto dei passanti
occasionali.
Protagonisti sempre in
scena di questa parabola finale sono Gabriele Lavia, lo “strano” e Michele
Demaria, il “pacifico”. Lavia scatena tutta la sua bravura alternando con
continuità affabulazioni, invettive contro il suo male, ragionamenti al limite del
sensato e canzoni popolari. Demaria vorrebbe essere l’antagonista, ma è solo il
bravissimo contraltare alla facondia dello “strano”. Particolare interessante:
per buona parte dello spettacolo il “pacifico” recita senza scarpe ne calze a
causa della pioggia che le ha allagate e i suoi piedi sono parte integrante
della sua espressività. Barbara Alesse è la donna misteriosa che esce dall’ombra
solo a fine spettacolo per raccogliere insieme ai protagonisti tanti meritati
applausi.
La buia e triste sala d’aspetto di una stazione è stata disegnata da Alessandro Camera ed i costumi,
perfettamente adeguati all’ambiente sono di Elena Bianchini che hanno lavorato con il Laboratorio di
Costumi e Scene del Teatro della Pergola. Le musiche sono di Giordano Corapi e le luci di Michelangelo Vitullo. Regista e grande protagonista: GABRIELE LAVIA
Tantissimi applausi finali e spettatori molto contenti dello
spettacolo cui hanno assistito.
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