di Attilio
A. Romita 28
marzo 2017
Ieri sera al Teatro Quirino Arthur Miller, con il dramma “Erano tutti
miei figli” ci ha raccontato quello che potrei definire un “incubo americano”,
cioè la visione negativa del “sogno americano”: una fortuna partita dal nulla e
rovinata da una cattiva condotta.
Episodi della seconda guerra mondiale (1939-1945) sono stati oggetto di
molti film, tragedie e commedie. In questa opera di Arthur Miller i fatti che
si sono svolti in tempo di guerra sono lo sfondo e la causa della tragedia che
si svolge al presente.
L’antefatto. Joe Keller ed il suo socio Steve hanno iniziato insieme
una fortunata carriera industriale come fornitori di materiale bellico all’aviazione
americana. Per uno sfortunato errore tecnico una partita di pezzi di ricambio
nata difettosa viene comunque fornita e montata su un gruppo di aerei i cui
motori si rompono e ventuno piloti muoiono. Joe Keller viene accusato, ma scarica
tutta la colpa sul socio che, in sua assenza per una presunta malattia, ha
agito a sua insaputa e spedito il materiale difettoso: così Joe è salvo e Steve
finisce in galera. Anche il figlio di Joe Keller è pilota e muore nel corso di
una azione nella stessa guerra.
La scena è ora al presente nella villa che ospita l’attuale ricco
magnate Keller circondato da familiari ed amici reverenti. Su Joe Keller, il
figlio Christofer e soprattutto sulla moglie Kate pesa una seconda inaccettata tragedia:
la morte in guerra del primogenito Larry. La presenza di Ann, ex fidanzata di
Larry e figlia dello ex socio di Joe, è quasi il fattore scatenante dello
sviluppo della tragedia, infatti è ora amata da Chris e vorrebbe sposarlo, ma
Kate si oppone perché questa unione le appare come il suggello della morte del figlio
Larry. Dallo scontro tra le posizioni dei vari personaggi emerge pian piano la
verità su i fatti avvenuti anni prima: Larry si è ucciso perché a conoscenza
della malefatta del padre; Joe si rende conto delle sue colpe e si uccide; Kate
è costretta ad accettare la realtà della sua famiglia distrutta.
Mariano Rigillo è Joe Keller inizialmente felice del suo ruolo di magnate
vincente e poi, sino alla tragica conclusione, sempre più cosciente delle sue
colpe.
Anna Teresa Rossini
è Kate, una sempre presente organizzatrice della vita della famiglia e contemporaneamente
madre dolente che non vuole perdere la speranza di rivedere suo figlio Larry.
Ruben Rigillo, Chris, e Silvia Siravo, Anna, con la loro intenzione
di sposarsi sono la causa attuale dello stravolgimento della “normale” nuova
vita della famiglia Keller.
Giorgio Musumeci, George fratello di Ann, indagando a fondo
su gli antichi fatti, riesce a far emergere la verità che per tanti anni era
stata celata.
Filippo Brazzaventre, Barbara Gallo, Enzo
Gambino e Liliana Lo Furno disegnano la corte del magnate Keller.
La regia è di
Giuseppe Di Pasquale, le scene di Antonio Fiorentino e i costumi di Silvia Polidori.
Masolino D’Amico ha curato la traduzione del testo.
Dal punto di vista puramente letterario Arthur Miller sviluppa le
azioni con particolare bravura evitando il rischio di trasformare la psicologia
della tragedia in drammone di terza categoria.
Dal punto di vista dello spettacolo “Erano tutti miei figli” è un’opera
non facile da rappresentare e Rigillo con Anna Teresa Rossini e tutti gli altri
interpreti hanno toni sempre commisurati con la tragedia e con i personaggi che
rappresentano.
Sono state due ore di spettacolo che hanno tenuto sempre desto l’interesse
degli spettatori e che si sono concluse con un lungo, partecipato e convinto
applauso a tutta la compagnia.
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