di Attilio A. Romita 8
maggio 2017
Ieri sera al Quirino è stato presentato uno spettacolo molto
particolare: in palcoscenico una attrice cantante, un musico attore, gli
spettatori, quasi a fare da quinta e da scena, e come fondale la sala vuota del
Quirino appena appena illuminata dalle luci di servizio quasi a rappresentare
un immaginario aldilà dal quale emergono le figure di due donne il cui destino
è stato manipolato e travolto dalle due Guerre Mondiali del secolo scorso.
Le storie delle due donne sono abbastanza lineari, la loro
narrazione e la bravura della protagonista le rende tenere, avvincenti, tristi,
appassionate ed anche illuminate da sprazzi di sana allegria.
Siamo nel 1915 all’epoca della prima Guerra Mondiale la
prima Letizia, siciliana, sposa il suo uomo ed è costretta a salutarlo quasi
sull’altare perché chiamato a partecipare al fronte bellico. Dopo un certo
periodo Letizia, stanca di aspettarne il ritorno, decide di ritrovare il suo
uomo e parte anche lei per il fronte. Letizia è una donna attiva che, per
aiutarsi nelle ricerche, partecipa anche lei alla guerra preparando e portando
aiuti alimentari ai soldati in trincea. Durante una di queste spedizioni viene
colpita a morte da un mitragliamento aereo.
Circa trenta anni dopo, nel 1945, la seconda Letizia, da
poco diciottenne, arriva a Roma dalla provincia. E’ un’orfana che ha passato i
suoi anni assistita dalle suore in un convento. Al compimento della maggiore
età spera di mettere a frutto la sua esperienza di guardarobiera e dove meglio
trovar lavoro se non in una grande città. Un consiglio interessato la
raccomanda ad una non meglio identificata Zia Gemma. Ben presto si rende conto
che “Letizia fa il servizio” è uno slogan con un significato particolare che,
per sopravvivere, accetta. Purtroppo, colpita dal “mal di Venere” la sifilide,
è condannata ad una triste fine.
Dal punto di vista scenico i fantasmi delle due Letizie
fanno rivivere le loro storie in un realistico racconto ora brillante ora
triste recitato con passione e in parte accompagnato da canzoni della
tradizione popolare.
Agnese Fallongo, la padrona della scena ed autrice dei
testi, mostra tutta la sua capacità di attrice recitante e cantante che alterna
momenti drammatici a momenti comici sempre adeguati al tema dello spettacolo.
Insieme a lei Tiziano Caputo con la sua chitarra crea uno sfondo sonoro ed è,
in qualche occasione, una giusta spalla alla protagonista.
L’ideazione
e la regia sono di Adriano
Evangelisti e un ringraziamento speciale va alla collaborazione
di Alessandra Fallucchi.
Per questa opera il Quirino, grande teatro tradizionale, è
stato trasformato quasi a simulare un piccolo teatro off con solo 100 posti dove
gli attori sono ad un palmo dagli spettatori che si sentono pienamente
coinvolti nella storia narrata da Agnese Fallongo con grande bravura e che ha
scatenato un lunghissimo e convinto applauso finale che ha concluso lo
spettacolo.
Al Quirino sono solo 2 le repliche di questo spettacolo, ma
ovunque se vi capiterà di vedere la sua locandina, vi consiglio di andarlo a
vedere.
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