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mercoledì 3 gennaio 2018

al teatro Quirino “Filumena Marturano” di Eduardo con M. D’Abbraccio e G. Gleijeses

di Attilio A. Romita                                                               3 gennaio 2018

Eduardo, in una intervista del 1956 a Vittorio Buttafava, racconta che l'idea di Filumena Marturano era stata questa notizia: “…una donna, a Napoli, era riuscita a farsi sposare soltanto fingendosi moribonda. Questo era il fatterello piccante, ma minuscolo: da esso trassi la vicenda ben più vasta e patetica di Filumena, la più cara delle mie creature”.

Il “fattarello” ha generato quella che mi sento di chiamare una tragedia a lieto fine …e non è una contraddizione.
La tragica scena di una morte è l’ultima espressione dall’amore materno per anni attuato con sotterfugi e piccoli imbrogli contro la persona che una continua dedizione, ed anche di amore, non avevano convinto a fare il passo ufficiale, il matrimonio, che a quei figli avrebbe assicurato un futuro migliore.
Queste battute che i protagonisti si scambiano all’inizio sono un perfetto ritratto dei loro caratteri. Domenico Soriano urla: “Tu te ne vaie... e si nun te ne vaie tu cu ’e piede tuoie, overamente morta jesce ’a ccà dinto. Nun ce sta legge, nun ce sta Padreterno, ca po’ piega a Domenico Soriano!
Filumena, tranquillamente risponde: “Hè femuto?:Hè a dicere niente cchiù?”.
E su questo scontro di caratteri si svolge tutta la commedia durante la quale i due protagonisti sembrano avere alternativamente la vittoria e la sconfitta. Ed è Filumena che sapientemente dosa le sue “armi” per ritornare vincente ed i tre figli sono i suoi strumenti e vengono citati la prima volta quando rischia di essere cacciata da casa, ma Domenico Soriano è positivamente disorientato da questa inattesa paternità. Quando poi l’avvocato le certifica una sconfitta legale Filumena dichiara che solo uno dei tre figli è di Don Mimì Soriano e l’uomo è di nuovo spiazzato per questa sua paternità diretta che non si sente di disconoscere. Ed infine quando un vero matrimonio si sta per celebrare e sembra che finalmente ci sia pace tra Filomena e Don Mimì, quest’ultimo sembra voler far saltare tutto perché Filomena rifiuta ancora di rivelare il vero figlio, ma, vero colpo di scena, i tre figli lo chiamano “papà” e questa magica parola è la chiave del lieto fine. E Filomena, che per 25 anni è stata sempre forte e non ha mai versato una lacrima, dichiara: “Dummì, sto chiagnenno... Quant’è bello a chiagnere...”.
La comprensione di un dialetto napoletano abbastanza stretto ha reso talvolta difficile capire alcune battute, ma la bravura degli attori ha facilitato la comprensione del fluire dell’azione.
Vera protagonista è Mariangela D’Abbraccio nei panni Filumena Marturano che ha visto altre illustri interpreti: Titina De Filippo, con Eduardo, Regina Bianchi, ancora con Eduardo, Sofia Loren, con Mastroianni ed infine Mariangela Melato con Massimo Ranieri.
Geppy Gleijeses è un perfetto Domenico Soriano in un continuo alternarsi di sopportazione, scetticismo, odio ed infine amore per Filumena.
Insieme a loro Mimmo Mignemi è Alfredo Amoroso e Nunzia Schiano  è Rosalia Solimene, personaggio che nella versione cinematografica fu di Tina Pica. I tre figli sono: Agostino Pannone Umberto, studente, Gregorio Maria De Paola, Riccardo, commerciante e Eduardo Scarpetta Michele, operaio.
Ed inoltre Ylenia Oliviero è Diana, Elisabetta Mirra è Lucia e Fabio Pappacena è L’avvocato Nocella. 
Le scene ed i costumi sono di Raimonda Gaetani, le musiche di Teho Teardo, le luci di Gigi Ascione e l’assistente alla regia è Marina Bianchi.
La regia è di LILIANA CAVANI che debutta in una regia teatrale e nelle sue note dichiara: “Ho accettato l’invito generoso e ottimista di Geppy Gleijeses quando mi ha proposto questo lavoro. È un testo che mi piace moltissimo da sempre …”.
Uno spettacolo molto bello che il pubblico ha gradito e sottolineato con molti applausi a scena aperta e tanti tantissimi applausi a fine spettacolo.


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