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giovedì 25 gennaio 2018

al teatro Quirino “Il Padre” di A. Strindberg con G.Lavia

di Attilio A. Romita                                                              23 gennaio 2018


«Io conosco solo me stesso e non posso che parlare di me!». Così raccontava di se Augusto Strindberg e questa opera, più che un dramma classico come lui avrebbe voluto, mi sembra una tormentata descrizione delle sue esperienze come marito.
“Mater semper certa est, pater numquam”,  questa antica massima giuridica potrebbe essere il sottotitolo del Padre di Strindberg.

L’opera presenta una continua inversione di ruoli: il Capitano, all’inizio, sembra il despota di una famiglia nella quale le donne rappresentano la maggioranza silenziosa; con il passare dell’azione si scopre che il protagonista per sopravvivere è quasi costretto a rinchiudersi nei suoi studi e mantiene il suo piccolo potere solo perché minimamente controlla i cordoni della borsa.
La crisi arriva e si scatena quando il Capitano vorrebbe sottrarre la giovane figlia al potere soffocante della madre permettendole di continuare i suoi studi in città.
Questa posizione scatena nella Madre tutta la perfidia nei riguardi del marito: inizia ad instillare in lui il terribile dubbio sulla sua paternità e lo fa in modo subdolo, mai diretto, affermando e negando. E questo dubbio aggredisce la mente del Capitano che più cerca certezze e più trova mezze verità solo accennate: la strada per scatenare la pazzia è aperta.
Il dramma si avvia alla tragica conclusione quando la Madre scopre che può sfruttare la pazzia con una azione di interdizione che gli toglierebbe anche l’ultimo suo piccolo potere economico.
Gabriele Lavia, che ha curato anche la regia, mostra tutte le sue capacità di interprete che passa con bravura dalla rappresentazione del Capitano, alla tenerezza del Padre e del Marito, del ritorno all’infanzia nelle braccia della sua tata ed infine è l’uomo che si sente tradito da tutto e da tutti e per questo impazzisce e finisce.
Federica Di Martino è la Madre perfettamente adeguata al ruolo: un aspetto dolce e soave che non rivela mai apertamente il suo carattere e le sue trame.
Completano il quadro Giusi Merli, Gianni De Lellis, Michele Demaria, Anna Chiara Colombo,  Ghennadi Gidari e  Luca Pedron.
Le scene sono opera di Alessandro Camera: il primo atto è l’interno di una casa benestante con mobili realizzati per dare uno strano effetto prospettico; il secondo atto è una surreale scena drappeggiata di rosso quasi a rappresentare l’inferno nel quale piomba il protagonista.
I costumi sono di Andrea Viotti, le musiche di Giordano Corapi, le 
luci di Michelangelo Vitullo.

A fine spettacolo tanti convinti applausi e due sentimenti negli spettatori: uno reale per la bravura di Lavia ed uno riflesso per il personaggio della Madre, una Ape Regina che tutto divora quando rischia di veder messo in dubbio il suo potere.


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