di Attilio A. Romita 18
aprile 2018
Per cominciare una introduzione metodologica: non sono un neurologo o
uno psicologo, ma semplicemente un tecnologo che osserva la realtà.
Partiamo da come l’Enciclopedia Treccani definisce l’intelligenza:
“Complesso di facoltà psichiche e mentali
che consentono di pensare, comprendere o spiegare i fatti o le azioni, elaborare
modelli astratti della realtà, intendere e farsi intendere dagli altri, giudicare,
e adattarsi all’ambiente. ….le condizioni della condotta intelligente indicandole
nella comprensione, direzione, invenzione e critica. …..” cioè la capacità
di leggere la realtà, elaborarla, comprenderla ed inventando soluzioni e
critiche.
La vera domanda è: esiste una macchina capace di INVENTARE
nuove soluzioni diverse partendo dagli stessi dati di base? e quindi esiste l’intelligenza
artificiale.
Una prima osservazione: due persone, o meglio due gemelli
non omozigoti, messi di fronte alla stessa situazione esterna sicuramente
reagiscono allo stesso modo? Io avevo un fratello di soli 2 anni più giovane
con il quale avevamo fatto il medesimo percorso familiare e culturale; ebbene
molte volte di fronte alla stessa situazione/decisione abbiamo reagito in modo
diverso. Cioè la nostra intelligenza, intesa come capacità di osservazione e reazione
si era sviluppata secondo percorsi simili e di fronte allo stesso fatto faceva “invenzioni
diverse”.
Negli ultimi 50 anni sono state costruite macchine “intelligenti”
sempre più perfezionate per giocare a scacchi. Inizialmente le macchine
vincevano perché avevano la capacità di simulare un numero di mosse maggiore di
quelle del giocatore “umano” al fine di calcolarne gli effetti secondari e quindi
per poter scegliere la strategia migliore. Ad un certo punto i campioni, che
avevano aiutato i programmatori a costruire i programmi del simulatore,
cominciarono a vincere. Ed anche se le capacità di calcolo aumentavano, la
macchina programmata con il supporto del campione di capacità X era sconfitta
dal campione di capacità superiore cioè di bravura X+Y. E questo fatto ci fa
dedurre che la macchina riesce ad emulare le capacità dell’uomo e, anche se
sembra più intelligente, è soltanto capace di prendere, in tempi brevissimi,
una decisione precostruita.
E’, secondo me, proprio questa “velocità decisionale” a
spingerci a pensare che la macchina è “più intelligente” dell’uomo. Sarebbe
come dire che un cavallo è più intelligente di un uomo perchè anche un medio
ronzino è più veloce del velocista Bolt che raggiunge al massino poco più di 36 kmh.
In conclusione direi che non è corretto definire
Intelligenza Artificiale quella che è soltanto una veloce elaborazione delle regole
e delle condizioni al contorno che il costruttore di una macchina ha saputo
riversare in essa.
E’ vero anche che gli uomini possono essere condizionati da “persuasori
professionali” e quindi ressi incapaci di ragionare autonomamente, …ma questo à
un altro punto del quale occorre tener conto e che talvolta ci induce a fidarci
di più di una macchina.
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