di Attilio A. Romita 24 ottobre
2018
Il secondo
spettacolo della stagione 2018-2019 del Teatro Quirino presenta il grande romanzo
storico di Victor Hugo ambientato nella Francia post-Restaurazione, cioè nel
periodo successivo alla Grande Rivoluzione a alla avventura napoleonica. E in
questo palcoscenico si svolge la vicenda umana di un ex-galeotto che recupera
la sua coscienza per l’intervento caritatevole di un sant’uomo.
Tutta la storia è
una continua catarsi di Jean Valjean e una continua ricaduta per l’intervento
del “cattivo” di turno, l'ispettore Javert, difensore caparbio della sua visione
a senso unico che considera “i miserabili” come male assoluto da punire sempre per “restaurare” la legalità.
Questo “duello” è inserito in un contesto fatto di mille storie dei coprotagonisti
- Cosette, Fantine, Marius i Thenardier
– e del popolo di Parigi dove convivono poveri, neo rivoluzionari e banditi.
Dichiara Luca Doninelli, che ha curato l’adattamento
scenico: “ …portare “I Miserabili” su un palcoscenico
è infatti un’impresa sicuramente temeraria, e si trema davanti a millecinquecento
pagine che appartengono non solo alla storia della letteratura, ma del genere
umano, come l’Odissea, la Divina Commedia, Don Chisciotte o Guerra e Pace"
Per ottenere il risultato Doninelli e il regista Franco Però hanno organizzato il racconto in una serie di quadri scenici che riassumono le fasi principali della narrazione e che lasciano allo spettatore, anche a chi non ha letto il libro, il compito di ricostruire i particolari della trama completa.
Per ottenere il risultato Doninelli e il regista Franco Però hanno organizzato il racconto in una serie di quadri scenici che riassumono le fasi principali della narrazione e che lasciano allo spettatore, anche a chi non ha letto il libro, il compito di ricostruire i particolari della trama completa.
Per limitare al
massimo cambi di ambientazione funzionali al racconto, il palcoscenico è stato
dotato di una serie di quinte mobili rigorosamente grigie che di volta in volta
simulano case, piazze o stanze e di pochi arredi semplici come un tavolo, 2
sedie, un letto. Questa tecnica, a mio avviso, è risultata sicuramente vincente
in quanto lo spettatore non è distratto da “ammenicoli” di scena e segue
perfettamente lo svolgersi dei fatti.
In questo ambiente Franco
Branciaroli nei panni di Jean Valjean, domina la scena con la bravura che gli è
propria ed è sempre un credibile ex-galeotto pentito, un patriarcale “padrone
delle ferriere” ed un padre
amoroso.
Riccardo Maranzana è il Commissario Javert sempre alla ricerca della sua rivincita
sull’imprendibile ex-galeotto e che, solo alla fine, riconosce la sconfitta per
la sua caparbia ed anacronistica battaglia.
Insieme a loro Alessandro
Albertin è il Vescovo Myriel e Gillesnormand, Silvia Altrui è Cosette bambina e Gavroche, Filippo Borghi è Marius, Federica De Benedittis è Cosette adulta. Emanuele Fortunati
è Courfeyrac e Montparnasse, Ester Galazzi è Fantine e Baptistine, Andrea Germani è Enjolras e Gueleumer, Francesco
Migliaccio è Thenardier, Jacopo Morra è Combeferre e Babet, Maria Grazia Plos è Madame Thenardier e Magloire, Valentina Violo è Eponine.
Le scene, perfettamente
funzionali al racconto, sono di Domenico Franchi. I costumi sono di Andrea
Viotti, le luci di Cesare Agoni e la musica di Antonio Di Pofi.
L’operazione di
trasposizione dalla pagina scritta alla rappresentazione teatrale, soprattutto
per la lunghezza del romanzo e per la complessità della trama, non era facile e,
a mio avviso è riuscita perfettamente ed il pubblico, dopo oltre due ore di
spettacolo, ha applaudito lungamente e con convinzione tutti gli artisti ed i
realizzatori dell’impresa.
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