di Attilio A. Romita 20
febbraio 2019
Quando ho letto la nota introduttiva di questo spettacolo l’espressione
filosofica “Homo homini lupus” mi è venuta subito in mente, cioè l’uomo perde
la sua umanità quando è in situazioni di stress.
Non so come definire quest’opera perché non voglio svelarvi
il finale: è commedia, tragedia, giallo e molto altro. In origine era
localizzata in Francia con personaggi francesi, è stata spostata in Italia da
uno scrittore di alto valore, Vincenzo Cerami, ed i personaggi hanno acquistato
maggior vitalità perché sono persone che incontriamo tutti i giorni nella strada
accanto.
L’azione si svolge ai tempi dell’ultima guerra mondiale in
una città italiana occupata dall’esercito tedesco. Un gruppo di amici festeggia
la padrona di casa quando, in un attentato, due ufficiali tedeschi sono uccisi in
strada in un agguato. Intervengono le SS e la prevista rappresaglia militare prevede
la condanna di 10 italiani per ogni tedesco se non si trova l’assassino. Il
caso vuole che il Comandante SS sia un frequentatore della libreria del padron
di casa e propone che la scelta dei due condannati richiesti sia fatta da tutto
il gruppo di amici. La situazione è tragica ed è l’inizio di un drammatico “momento
della verità”.
Questa occasione drammaturgica, in qualche caso realmente
avvenuta, permette all’autore di raccontare come otto prototipi “normali”
affrontano un momento di difficoltà e gli interpreti disegnano esattamente le
tipologie assegnate.
Come nella locandina, li cito in ordine alfabetico.
Sofia, Marianella Bargilli, e Vittorio, Ruben
Rigillo, sono gli ospiti che si trovano coinvolti in qualcosa più grande di
loro e, in parte, si sentono responsabili della situazione.
Pietro, Francesco Bonomo, è un ex ufficiale italiano ora
cieco per una ferita di guerra che è orgoglioso della sua menomazione e
vorrebbe trovare il modo di reagire.
Andrea, Maurizio Donadoni, un pavido arricchito con
la “borsa nera”, spera e prova a risolvere tutto con gli stessi mezzi che usa
per accrescere la sua ricchezza.
Her Komandant Kaubach, Ralph
Palka, è
il Deus ex machina che con la sua proposta falso buonista dà inizio al tragico
balletto.
Il Dottore, Gianluca Ramazzotti, è un debole vittima
delle sue paure che lo spingono anche ad azioni disperate come scappare dalla
finestra.
Vincenzo il professore,
Emanuele Salce, è un umanista un po fuori tempo ed un po superiore ai
tristi riti nei quali si trova coinvolto.
Francesca, Silvia
Siravo, è una giovane donna piena di illusioni politiche che con le sue idee
mette in pericolo non solo lei, ma anche i suoi amici.
Dall’incontro scontro di queste personalità nasce uno
spettacolo coinvolgente che, con una trama quasi da giallo, tiene lo spettatore
inchiodato alla sedia in attesa della soluzione finale.
L’opera ha un finale a sorpresa che non rivelo per rispetto
agli autori, agli attori ed agli spettatori che la vedranno a Teatro.
Autore dell’opera è lo scrittore franco-armeno Vahé Katchà. Julien Sibre ha curato l’elaborazione
drammaturgica che è stata poi tradotta ed adatta da Vincenzo Cerami
Le scene sono di Carlo
De Marino, i costumi di Francesca Brunori, il disegno delle luci di Giuseppe
Filipponio, la direzione tecnica di Stefano Orsini e i disegni animati e le proiezioni
Cyril Drouin. La regia associata è di Julien Sibre e Virginia Acqua.
Sinceramente devo dichiarare che in molti momenti dello
spettacolo mi sono domandato sulle mie reazioni in un momento simile.
Tanti applausi a fine spettacolo ed una speranza che in
situazioni simili non ci si debba trovare mai.
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