di Attilio A. Romita 16 ottobre 2019
Alessandro Gassman, nelle sue note di regia, così ci indica una
chiave di lettura di questo spettacolo: “ … è una delle funzioni che il teatro
può avere, quella di raccontarci come siamo, potremmo essere o anche quello che
saremmo potuti essere. Questa storia ha poi al suo interno grandisorprese, misteri che solo un grande scrittore di gialli come Maurizio De
Giovanni avrebbe saputo maneggiare …”.
Il racconto appare a prima vista una storia familiare
condizionata dalla incomunicabilità tra il padre e la sua famiglia.
Valerio Primic è un famoso
e celebrato scrittore che vive quasi esclusivamente suo studio in mezzo ai suoi
libri ordinati negli scaffali secondo un suo criterio esclusivo. La famiglia,
la moglie Rose ed i figli Massimiliano ed Adele, sono praticamente esclusi da
questo sancta sanctorum ed il colloquio con Valerio è ridotto al minimo.
Bettina, la storica cameriera di famiglia, è l’unica che sembra avere una certa
familiarità con lo scrittore al quale contrappone una certa visione popolare
della vita.
Le prime battute dello spettacolo ci fanno capire che la
situazione finanziaria della famiglia Primic è prossima al fallimento economico
e, per evitarlo, Rose prospetta la vendita della storica casa nella quale vivono.
Due lunghi colloqui separati interrompono il lungo silenzio tra figli e padre rivelano
l’omosessualità di Massimiliano e la necessità di trovare una figura paterna di
Adele. Su questa scena si chiude il primo atto.
Il secondo atto si apre sul momento del trasloco in un
appartamento più piccolo. La vendita sembra aver risistemato le finanze di
famiglia ed i figli possono utilizzare parte del ricavato per dare inizio ad
una attività teatrale capace di dare uno scopo preciso alla loro vita.
Lo svolgersi delle varie scene a questo punto inizia a far
pensare a qualche aspetto particolare che l’autore, ricordiamo che Di Giovanni
è un bravo scrittore di gialli, vuole farci capire senza dirlo esplicitamente.
Nello studio di Valerio ci sono due porte: dalla prima entrano, uno alla volta,
i familiari che hanno lunghi colloqui separati con Valerio ed escono; dalla
seconda entra, tra l’uno e l’altro Bettina che commenta con sapienza popolare.
Non viene mai detto chiaramente, ma una frase di Rose fa
intuire la realtà: Valerio undici anni prima è entrato nel grande silenzio, ma
Rose ed i suoi figli hanno ancora bisogno del suo consiglio e della sua
approvazione e, forse, l’abbandono del grande studio e la realizzazione dei sogni
dei figli renderanno il grande silenzio un grande ricordo.
Massimiliano Gallo è Valerio
Primic, Monica Nappo è Bettina, Stefania Rocca è Rose, di Jacopo Sorbini è Massimiliano
e Paola Senatore è Adele.
Tutta la messa in scena è particolare: lo studio Valerio
dove effetti luminosi sottolineano momenti particolare ed un velatino sul
boccascena che fa da schermo a proiezioni quasi oniriche.
Le scene sono di scene Gianluca Amodio, i costumi di Mariano
Tufano, il progetto delle luci di Marco Palmieri, il suono di Paolo Cillerai,
le elaborazioni video di Marco Schiavoni e le musiche originali di Pivio &
Aldo De Scalzi. Il regista assistente è Emanuele Maria Basso.
La regia di Alessandro Gassman.
Tanti applausi a scena aperta hanno sottolineato i momenti
particolari dello spettacolo.
All’uscita commenti favorevoli e qualche interrogativo di
chi non aveva fatto attenzione alle battute che rivelavano il significato del “grande
silenzio”.
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