Amarcord 02 - HODYA NASREDDIN
FlavioImpelluso 27
maggio 2020
Sarà per questo che presto (avrò avuto all’epoca 13
anni, forse 14) scelsi i miei sentieri letterari, ricordo una prof di italiano,
bravissima ma con la fissa della letteratura russa, che ci aveva affibbiato in
sequenza la lettura dello Starnuto di Cechov e del Cappotto di Gogol, avrei
voluto morire, e allora mi rifugiavo nella esplorazione della nuova letteratura
americana. Che rapimento dell’anima l’allora recentissimo “Il vecchio ed il
mare”, e che fervore di spirito guerriero con “Per chi suona la campana.”
Certo non posso elencare, neppure con un solo
aggettivo, tutti i libri che mi hanno regalato qualcosa, e allora pesco nei
ricordi un paio di quelli che, diciamo così, hanno una storia strana: uno era
un piccolo volume della Medusa, narrava di un simpatico personaggio della
letteratura araba, l’autore era Hodja Nasreddin, potrebbe essere un po’ il
nostro Bertoldo, o Pulcinella, però più morbido del primo e meno servile del
secondo. Dicono sia realmente vissuto nel 13° secolo, molte nazioni arabe se ne
contendono la paternità, un mullah, un saggio, un raffinato umorista, chissà….
Si, ma dov’è la stranezza? La stranezza è che quelle storielle e sopra tutto
quel nome, Hodja Nasreddin, non li ho
mai dimenticati, non so perché: decenni e decenni dopo, una vita dopo, migliaia
di libri dopo, ancora quel libretto nero e verde con la testina della Medusa mi
è rimasto in testa.
In modo diverso ma comunque strano, un altro libro mi
regalò momenti di gloria: un giallo di Ian Fleming, un autore inglese allora sconosciuto
in Italia, ma che non sfuggì al radar di mamma. Ci piacque da morire,
introducendoci nel mondo dei Servizi e mandando di colpo in soffitta il Gotha
dei giallisti più noti. Ebbene, quando parecchi anni dopo usci il film con Sean
Connery, una specie di follia collettiva, io facevo il fenomeno con le ragazze
affettando una profonda conoscenza della materia (si, certo, lo conosco da
anni….), e disquisendo disinvolto di particolari dello spionaggio, un acchiappo
garantito.
Poi cambiammo casa, volarono i decenni, il
matrimonio, la figlia ed i nipoti, i viaggi in tutto il mondo, il
pensionamento. Nel 2013 ero in Uzbekistan, seguendo la Via della Seta, e
ricordo un pomeriggio a Bukhara, stavamo passeggiando con mia moglie, sbucammo
su una grande piazza bordata a mo’ di portici da alti alberi ombrosi. Sul lato
opposto la bella madrassa di Nadir Divambegh, poi sull’angolo in fondo a destra
ci incuriosirono gruppetti di persone che si addensavano intorno ad un piccolo
monumento.
Ci avvicinammo, l’attrazione era una scultura in
bronzo, un personaggio sorridente in groppa ad un somarello così piccolo che il
cavaliere strusciava i piedi in terra, chiesi chi fosse e la risposta mi colpì
come una scarica elettrica, una emozione di una intensità indescrivibile…. era
il mio Hodja Nasreddinn!
“Hodjà, sono io” - lo chiamai piano – “sono qui,
finalmente … non ti ho mai dimenticato, lo sai?”
“Lo so” - rispose con quel suo sorriso – “ti
attendevo da sessanta anni, era ora. Hai trovato la strada, bene.”
“Ma allora” – mi urgeva quella domanda – “eravamo
collegati per magia dal libro? Era un libro magico?”
“I libri sono solo mezzi, come lenti attraverso cui
guardare il mondo: la magia è nella mente, io ero già con te mentre leggevi
quel libro. Continua a leggere il mondo attraverso i libri, ma con la tua
fantasia, ed io sarò con te per sempre. Adesso vai, sei molto lontano da casa.”
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