Flavio Impelluso 16 gennaio 2021
Eravamo a Praga con mia moglie e mia figlia nei primi anni ’80, affabulati da una Praga immaginata, nel senso che ci eravamo innamorati di quella città solo attraverso le nostre letture. A dire il vero, il primo impatto fu deludente, in quegli anni di regime non è che la città splendesse: nonostante una timida ripresa del turismo, ricordo una Praga cupa, poco illuminata, negozi e vetrine poveri, insomma della “piccola Vienna” di un tempo non c’era rimasto molto.
Poi, con il
trascorrere dei giorni, l’iniziale sconforto
si attenuò ed iniziammo a scorgere piccole aperture di una Praga
ritrosa, come se la città si stesse svelando piano piano, non tanto nelle
visite guidate che pur mostravano luoghi molto belli e prospettive affascinanti
– il ponte Carlo, il castello, la cattedrale, il vicolo d’oro –
quanto di notte, quando tutti imbacuccati passeggiavamo per i vicoli di Mala
Strana: era allora che Praga sembrava parlare, diceva che sì, il momento
storico era quello che era e incombeva come una cappa, ma sotto c’era ancora
lei, con tutto il suo fascino, e noi dovevamo solo sollevarne un lembo per
ritrovare la città del nostro
immaginario.
E così accadde, anche se purtroppo prima
sperimentammo la realtà del “momento storico”. Era successo che la domenica
successiva cercavamo una chiesa per un momento di raccoglimento, e in albergo
ci avevano dato un indirizzo. Trovata la chiesa, entriamo: non ci aspettavamo
certo folle e luminarie, ma neppure di trovarla così deserta e pateticamente
buia, poche candele, quel tanto da non inciampare. Poi, prima di andarcene,
volevamo fare un’offerta ma non c’era un sacerdote, cercammo quindi nel buio la
apposita cassettina. Appena mia moglie ebbe inserito l’offerta dal nulla
apparvero improvvise due figure che le si pararono davanti.
Oggi, distante nello spazio e nel tempo, il ricordo
sfuma ed assume persino aspetti grotteschi, perché i due poliziotti indossavano
lunghi cappotti neri di pelle e calzavano borsalini anteguerra, sembravano i
gangster delle vecchie serie televisive, ma allora, giuro, avevamo il cuore in
gola: erano poliziotti, e i metodi della polizia dei paesi dell’est erano ben
noti. Ci guardarono per un lungo momento, a noi parve un’eternità, poi uno dei
due, un volto patibolare, ci puntò contro un dito minaccioso e sibilò “che non
avremmo salvato la Chiesa con le nostre offerte”, e lo disse in un italiano
duro ma comprensibile. Rimasero lì ancora qualche momento a fissarci ostili
come ad accertarsi che avessimo ben compreso l’avvertimento, poi scomparvero
nel buio come erano apparsi.
In albergo minimizzarono, sarà stato un caso, commentarono imbarazzati, sarà stata l’iniziativa di un poliziotto troppo solerte, dato che era noto a tutti che i turisti dovevano essere trattati con i guanti perché portavano valuta pregiata. Mah, il fatto che eravamo stati seguiti da poliziotti che parlavano l’italiano a noi sembrò una cosa organizzata, non un caso, ma non capivamo la ragione di quell’atto intimidatorio: certo, se tale era, con noi c’erano riusciti, per giorni ci portammo dietro quel disagio.
Vi è mai capitato? Di innamorarvi di una città,
intendo, non parlo di rimanere estasiati dinanzi ad un paesaggio o ad un
quadro: a me non era mai capitato prima - Roma non conta perché con lei è amore
per la vita - questa era…. una vera e propria cotta. Non so neppure se
“innamorarsi” è il termine giusto, ma all’improvviso mi sentii in totale
simbiosi con quello che mi circondava, non solo con le pietre ma con lo spirito
stesso di quella città: era come se tra Praga e me fosse scattato qualcosa e
l’illusione che lei mi corrispondesse mi rendeva felice. Un po’ era come
l’innamoramento classico, ma senza il sottofondo predatorio di noi maschietti,
al contrario, mi sentivo preso dal desiderio di abbandonarmi tra le braccia di
Praga, di arrendermi al suo fascino. Che cosa strana, era un languore
profondamente appagante, e insieme un’ansia dolce di quando sei in attesa di
una cosa bella, proprio come un primo appuntamento. Momenti magici,
indimenticabili: non so spiegarmeli e non so spiegarli meglio di così, forse
Bacharach e David provarono qualcosa del genere.
Non siamo più tornati a Praga, troppe le tentazioni
in giro per il mondo, forse anche un po’ il timore di non riuscire a vivere più
quei momenti incantati, persi nei troppi anni trascorsi. Però quando ho
ripensato a quel viaggio, quando ho tentato di far rivivere quei momenti e di
narrarli, una cosa è venuta immediata, il titolo si è scritto da solo: PRAGA,
MON AMOUR.
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