SALVE

SALVE e BENVENUTI!

"Una volta che avrete imparato a volare, camminerete sulla terra guardando il cielo, perchè è lì che vorrete tornare" Leonardo


Mandate una mail a attilio.romita@gmail.com se desiderate essere sempre aggiornati sulle novità! @AAROMITA


venerdì 26 febbraio 2021

RIFLESSIONI - …. SULLE ORME DI JEROME K. JEROME

Flavio Impelluso                                                                 Gennaio 2021

Applicando scientemente, e sopra tutto con costanza, il pensiero di Jerome, si può giungere a riflessioni assai curiose: per esempio, avete mai fatto caso al fatto che in buona parte del mondo si scrive proprio come scrivevano gli antichi romani, con le stesse lettere? Sì, proprio quelle copiate dal greco, un tocco di etrusco, una semplificata alla romana e via, così scrivevano Cicerone e Cesare.
E cosa vuol dire “in buona parte del mondo”? Vuol dire, come da planisfero che segue, che nelle nazioni in verde scuro viene usato l’alfabeto latino, mentre in quelle verde chiaro è affiancato da un alfabeto locale.

Ma anche quelle nazioni che usano altri alfabeti, siano arabo o ebraico, o cirillico, o cinese o quello che vi pare, quando escono dal loro ambito ed entrano in rapporti internazionali, usano l’inglese e le lettere dell’alfabeto latino: a me, che sono un appassionato cultore delle antiche civiltà, fa un certo effetto.
Altra riflessione oziosa: pur essendo noto l’eclettismo di Gaio Giulio Cesare, avete mai fermato l’attenzione sul fatto che dopo 2.000 e passa anni il mondo intero ancora  “cammina nel tempo” con le scarpe scelte da Giulio? 
Non sto scherzando: se mi perdonate la metafora delle scarpe, mi riferisco al calendario detto appunto giuliano, universalmente adottato nel mondo: a coloro che - correttamente sotto il profilo formale – affermano che il calendario seguito nel mondo è quello gregoriano, risponderò più tardi.
Per il calendario vale la stessa logica delle lettere latine di cui sopra, anzi con una diffusione assoluta: certo che esistono gli altri calendari, ma in tutto il mondo l’anno inizia il I° Gennaio, mese che avrà 31 giorni, poi seguiranno altri 11 mesi di durata diversa, ed ognuno di essi si chiama (ancorché tradotto) come si chiamava a Roma duemila anni fa, e come volle Cesare. Da non crederci, vero?  

Eppure è così: se la cosa vi incuriosisce, dedicatemi qualche minuto, e andiamo a vedere come nasce la faccenda. Trasferiamoci alla metà del I° secolo a. C., dove troviamo Cesare che insegue per mezzo mondo Pompeo e, morto questi, continua a scontrarsi con i suoi seguaci. Lungo questo itinerario si era fermato ad Alessandria – ricorderete l’assedio, Cleopatra ed altre amenità – e qui incontra un certo Sosigene, un greco che insegnava alla celeberrima Università alessandrina, un genio metà astronomo e metà matematico, con cui Cesare discute problemi di calcolo astronomico che gli stavano a cuore: poi vedremo perché.

Un anno dopo, debellati i nemici, Cesare torna a Roma (siamo nel 46 a. C.) e, tra gli altri problemi, decide di sistemare il computo del tempo, perché il calendario ufficiale non collimava più con le stagioni effettive: quando quello diceva che era estate dovevi andare per il Foro con il cappotto, e tra semine e raccolti non ci si capiva più niente. Ma perché mai il nostro Giulio si sta impicciando del calendario? Perché nel frattempo gli avevano affibbiato la carica di Pontefice Massimo, e la cura del calendario (sistema di calcolo, feste, ricorrenze, cerimonie ecc.) era di sua competenza.

Torniamo allo sfasamento delle stagioni: vi avverto, ho trovato l’argomento molto complesso, c’è l’astronomia e la matematica, le fasi lunari, il sole, gli anni bisestili e le maree sigiziali (!), e calcoli astrusi in cui mi sono perso, quindi della questione vi offro una versione elementare, al mio livello. Prego chi di voi è un esperto della materia di cambiare lettura.

Dunque, lo sfasamento: Cesare chiama Sosigene a Roma e gli affida il compito di

ristrutturare il calendario, lo vuole solare, quello lunare creava troppi sfasamenti. 

A Roma era ancora in vigore il lunare che si faceva risalire a Romolo, aveva la bellezza di settecento anni. Ma In realtà i calendari lunari erano molto più vecchi, roba di millenni, li usavano i Sumeri, i Babilonesi ed anche i Greci, ed era ora di passare a quello solare, basato sul ciclo delle stagioni. 

E come mai fino ad allora si usava il lunare? Be’, si usava questo dalla notte dei tempi perché era “facile”, tutti potevano sguardare il cielo di notte e vedere come funzionava, se non era nuvoloso potevi seguire le quattro fasi lunari, ciascuna distinguibile dalla precedente, tutte di sette giorni e spiccioli: terminata una si ricominciava per un altro ciclo di 29 giorni (in media), sempre uguale, molto semplice.

E poi sul lunare ci sarebbero da approfondire gli aspetti collegati all’agricoltura, e quelli sacrali ed esoterici, perché questo antichissimo calendario era riconducibile ad arcani periodi di adorazione della luna, tempi che si perdevano nelle nebbie del matriarcato e nei miti della grande Madre. Lunare infine che molto probabilmente era condiviso da tantissimi popoli proto-storici del Mediterraneo e del Medio-Oriente. Ma ci porterebbe fuori tema, non divaghiamo.

Perché il sistema lunare e quello solare non collimano? Facile, ci arrivo pure io, le quattro stagioni del solare si compiono in 365 giorni, mentre 12 lunazioni durano 354 giorni (29 x 12): gli 11 giorni di differenza possono non sembrare granché, ma assommandosi nei secoli fanno saltare la fasatura con le stagioni. Ma gli antichi non se ne erano accorti di queste sfasature? Ma certo che sì, c’erano dei popoli (Assiri e Babilonesi, Fenici, ma pure i Greci e gli Etruschi) che con l’astronomia e con la matematica erano di casa, figuriamoci se non se ne accorgevano, evidentemente quando gli sembrava che lo sfasamento era troppo resettavano il sistema. 

Per quanto ne sappiamo gli unici (nel Mediterraneo e dintorni) che usavano il solare erano gli Egiziani, ed ecco perché Cesare chiama a Roma proprio Sosigene il quale, partendo dal calendario egizio che era stato da poco riformato (e che quindi era già un’ottima base di partenza) ci lavora sopra e presenta a Cesare un prodotto che è una rivoluzione totale rispetto al lunare di Romolo, ed in genere ai lunari del passato. 

Lo ha basato come richiesto da Cesare sulle osservazioni del sole, ha calcolato l’anno in 365 giorni e ¼ (365 giorni e 6 ore), lo ha diviso in dodici mesi di differente durata (quello di Romolo era su 10 mesi), e infine ha spostato l’inizio dell'anno al 1ºgennaio, mentre in precedenza era il primo marzo. 

I due mesi aggiunti al vecchio calendario verranno in seguito dedicati a Cesare e ad Augusto: del vecchio calendario rimane qualche nome, infatti i mesi di settembre, ottobre, novembre e dicembre si chiamano così perché erano il settimo, ottavo, nono e decimo mese dell'anno.

Dicono che Cesare partecipasse attivamente ai lavori e che sua fosse ad esempio la soluzione dell’anno bisestile: si trattava di risolvere un problema che minacciava di creare scompensi, perché la durata dell’anno solare non è data da un numero intero di giorni, ma c’erano ogni volta quelle benedette 6 ore in più che impicciavano. Ebbene, sembra che fosse Cesare a trovare la soluzione: aggiungere ogni 4 anni un giorno in più (le sei ore x 4). Anche in questo il nuovo calendario era “rivoluzionario”: per la prima volta nella storia non si attendeva la sfasatura dei tempi per resettarla, ma si impostava a priori un automatismo correttivo.

Ed infine (per i tempi) questo calendario era anche molto preciso: a proposito di sfasamenti, accumulava 1 giorno di ritardo ogni 128 anni rispetto al trascorrere delle stagioni. Fu introdotto nell'anno 46 a.C., prese come previsto dalla legge il nome del magistrato promulgatore e divenne il Calendario Giuliano: fu da allora il calendario ufficiale di Roma e dei suoi domini. Successivamente il suo uso si estese a tutti i Paesi d'Europa ed a quelli che man mano che venivano conquistati dagli europei.

-----------0-----------

Dalla promulgazione del calendario giuliano passarono ben 16 secoli, allorché si ripresentò il vecchio problema: il calendario giuliano, rispetto all'anno astronomico, nel 1582 aveva accumulato un ritardo di circa 10 giorni, e questo creava un problema al papa regnante, Gregorio XIII. E perché mai, in concreto?

Perché comportava, ad esempio, che la primavera, in base alle osservazioni astronomiche, non risultava più cominciare il 21 marzo, ma già l'11 marzo. Così la Pasqua, che sarebbe dovuta cadere la prima domenica dopo il plenilunio di primavera, cadeva ormai nella data sbagliata; e di conseguenza erano errati anche i periodi liturgici collegati alla Pasqua, e cioè la Quaresima e la Pentecoste. Insomma, 10 giorni di sfasamento ai fini pratici si cominciavano a sentire e per gli aspetti liturgici era un pasticcio.

Venne allora istituita una commissione di esperti che produsse una mole di studi e di calcoli stupefacente, ed alla fine suggerì una soluzione (vecchia di millenni ma sempre valida) in due punti:

  1.   recuperare i giorni perduti, per riallineare la data con le stagioni,
  2.  applicare per il futuro, se disponibili, sistemi di calcolo più precisi. 

E così fu fatto:

  1. per recuperare i dieci giorni perduti, si stabilì che il giorno successivo al 4 ottobre 1582 fosse il 15 ottobre; 
  2. per ridurre il ripetersi del fenomeno si decise di adottare le più accurate misurazioni dell’anno solare, calcolato in 365,2425 giorni (cioè 365 giorni, 5 ore, 48 minuti primi e 50 minuti secondi) invece dei 365,25 (365 e 6 ore) che risultavano al tempo di Sosigene.  Inoltre per quanto riguardava il calcolo degli anni bisestili - previsti dal calendario giuliano ogni 4 anni – si applicò un calcolo più sofisticato: continuarono ad essere bisestili tutti gli anni divisibili per quattro,  tranne gli “anni secolari” (cioè di fine secolo). In pratica, il 1600 fu bisestile, il 1700, il 1800 ed il 1900 no, il 2000 si.

Alla promulgazione, con bolla del 4 Ottobre 1582, papa Gregorio si intestò il nuovo calendario: non ricordo cosa prevede il diritto canonico in merito e quindi non so se era un suo diritto o una sua debolezza umana. Sta il fatto che nel tempo molti criticarono questa appropriazione, giudicandola indebita e sostenendo che i miglioramenti apportati al calendario giuliano non erano altro che “aggiustamenti” del sistema di calcolo: ne avevano sì migliorato la precisione – come i tanti altri introdotti nei millenni - ma non avevano apportato nulla di nuovo al sistema.

Infatti i capisaldi del sistema, l’introduzione del sistema solare al posto del lunare, la divisione dell’anno in dodici mesi, l’inizio dell’anno spostato a Gennaio, l’introduzione delle correzioni “automatiche” con la novità degli anni bisestili, tutto era rimasto uguale al modello originale, tutto copyright di Giulio (e di Sosigene).

Osservazioni che sembrano incontrovertibili: Cesare promulgò un calendario innovativo e totalmente diverso dal precedente lunare di Romolo, Gregorio no.

Appare evidente - a chiunque osservi i moderni calendari e giudichi la faccenda con sguardo disincantato – che in duemila anni nessun intervento postumo ha apportato innovazioni alla primigenia impostazione di Cesare, e che in buona sostanza il calendario seguito nel mondo è ancora quello giuliano, anche se ormai è chiamato gregoriano.

-----------0-----------

Chiudo questa riflessione con un episodio curioso, che in qualche maniera (molto indiretta, ma comunque collegata ai calendari) rende giustizia alla fama imperitura di Cesare: ero in albergo ad Ulan Bator nell’imminenza del ritorno in Italia, quando mi pregano di scendere al ricevimento perché la direttrice ha notizie per me dall’AEROFLOT. Scendo, la signora si dice spiacente ma il volo dell’indomani per Mosca è saltato, e poiché c’era un solo collegamento al giorno, occorre capire che succederà: adesso è in attesa di sapere se almeno dopodomani ci sarà il volo, o no.

Nell’attesa facciamo due chiacchiere col mio inglese stentato, la direttrice mi chiede da dove vengo e alza gli occhi al cielo estasiata quando le dico da Roma, poi   tra altre cose parliamo del turismo in Mongolia, mi dice che è in crescita.

Per illustrarmene i flussi la signora si volge alla parete dietro di lei, c’erano due grandi calendari, uno in russo (con le lettere del cirillico) ed uno in inglese (con le lettere latine). La signora, credo per cortesia nei miei riguardi, sceglie quello in inglese e commenta i mesi degli arrivi,  scorre la lista con il dito, poi si ferma su luglio, dice che è il migliore per il turismo, e mentre lo guarda realizza evidentemente una connessione tra le diverse cose che ci siamo detti: si volta nuovamente verso di me e, con un bel sorriso: “Giulài - esclama con orgoglio - Giùlius Sìsar!”

  
Con buona pace di Gregorio: c’è qualcuno per cui il “sic transit” non vale.


Nessun commento:

Posta un commento